Personal Empowerment

Paura e Apprendimento con Tim Ferriss… E i suoi TED Talks – Parte 2 di 2

Riccardo Malaspina Pubblicato: 27 Maggio 2021

Tim Ferriss Ted

Nelle puntate precedenti: De Ferriss Vitae. Altresì conosciuto come il malloppo di informazioni di cosa ha detto e ha fatto per diventare un investitore e un attivista nel campo del lifestyle, potete trovarlo qui. Abbiamo poi analizzato i limiti e i pregi del suo primo TED talk del 2009.

Lo scorso episodio, Tim ci ha insegnato che con il giusto metodo, l’apprendimento può essere ottimizzato per raggiungere livelli mai visti prima. Del resto, è così che è diventato un pompiere, un linguista, un insegnante di sostegno per meno fortunati, un medico e anche un astronauta.

Mi dicono dalla regia che era un altro pelato ad aver raggiunto tali obbiettivi, ma sempre con del duro lavoro.

Ma, dicevamo. Apprendimento dinamico e desiderio di imparare, le basi per conoscere con desiderio e con ingordigia, nel senso buono del termine.

Nella puntata di oggi, il signor Spiegone ed io, andremo a mostrarvi l’altra faccia della medaglia.

Paura e delirio di Tim Ferriss

Perché dovreste definire le vostre paure invece di definire i vostri obiettivi? Il discorso di Tim Ferriss, passionale, motivato e motivante.

Ho preventivamente sedato il mio compagno di viaggio che spero si svegli solo alla fine.

La mia paura, del resto ha trovato pieno riscontro all’interno del testo.

Se c’è una cosa che spaventa il signor Spiegone e me a questo mondo, sono gli imprenditori americani che senza coscienza storica vanno a leggere la filosofia classica. Le parole hanno un peso, ognuna diverso, ma altrettanto rilevante tutte. Ogni volta che sento un concetto come quello di stoico o epicureo affiancati all’imprenditoria il mio primo pensiero è dare fuoco alla sede di una multinazionale.

Lo stoicismo si associa da sempre a una rinuncia al desiderio. Una persona che ha così tanto impulso a vivere non può predicare l’atarassia, scusa, tanto meno un magnate non ancora in pensione.

Tim Ferriss, I’ve come to Bargain

Prima di decostruire alla base come il discorso sia stato fatto ed evidenziare le problematiche, voglio partire dal buono.

Il discorso di Tim è passionale, e soprattutto motivato e motivante.

Quella che è la sua visione, per quanto non stoica per davvero, cerca di riprende e tradurre in un contesto moderno e post-capitalista alcuni dei valori portati da Seneca in maniera creativa e comunque coinvolgente, perché effettivamente sono temi rilevanti, anche nel nostro contesto.

Quindi partiamo da questo:

Quello che interessa al nostro eroe, è una metodologia, un sistema operativo, come dice lui, per risolvere situazioni iper stressanti con un decision making efficace.

Tim vuole insegnarti a separare cosa puoi controllare, e di cui devi avere paura, o meglio, su cui devi concentrarti, da cosa non puoi controllare, e di cui quindi non devi preoccuparti. Ci propone esercizi per limitare la reattività emotiva per concentrarci solo sulla prima opzione.

Facciamo un esempio che fa anche lui, perché è particolarmente interessante: sei un giocatore, ti passano male la palla e ti arrabbi, giochi male, perdete. Hai svolto le tue responsabilità male. Hai perso.

Oppure, sei un manager, un tuo dipendente fa qualcosa di particolarmente stupido, ma risolvibile. Sbrocchi. Urli. Lo mortifichi. Il dipendente si licenzia e va dal competitor.

Bravo. Ottima idea. Hai perso. Di chi è la colpa?

Quello che ci preoccupa, che ci porta “on the verge of failing” è molto spesso un sistema di pressioni che viene da fuori che non dovrebbe influenzarci tanto quanto effettivamente faccia.

Tim ci propone una frase di Seneca quantomai vera:

Soffriamo molto di più per la nostra immaginazione che per la realtà

Plura sunt, Lucili, quae nos terrent quam quae premunt, et saepius opinione quam re laboramus.

Lucio Anneo, er King de li stoici, Seneca

Ta piaceresse sapello in latino com’amme vero Tim?

Premeditatio Malorum. Ah ma quindi lo sai anche tu. *col coltello in mano, agitandolo forsennatamente: -“devo svegliare il signor spiegone, occhio a quello che fai?”*.

Dicevamo: è un concetto, teorizzato dal più illustre filosofo romano, per cui le persone si creano scenari immaginari in cui visualizzano tutti i peggiori scenari come conseguenza delle loro azioni.

Tim ci spiega che per far fronte a questo ha un metodo molto semplice: che guarda caso è la cosa più importante che possiamo trarre dal suo speech.

Metodo di Fear Setting in tre pagine

Pagina 1. Si scrivono tre colonne così ripartite: definire, prevenire e riparare

In queste dobbiamo scrivere prima, cosa succederebbe se facessimo una determinata azione che ci spaventa compiere, andando a segnare non le cose positive, ma quali siano i worst case scenarios, le peggiori conseguenze possibili.

Questo processo serve a decostruire la narrazione che nella nostra testa ci dice che è perfettamente razionale quello di cui abbiamo paura.

Del resto, è importante sapere che più volte ripeti una cosa e più questa perderà la sua valenza significativa. (Liberamente tratto da Pierre Bourdier).

Nel Prevenire, dobbiamo scrivere le risposte concrete a quello che ci spaventa per evitare che accada, o per abbassare le probabilità che si verifichino.

Nel riparare infine andiamo a vedere che cosa possiamo fare dopo per limitare i danni o per renderli meno influenti.

Pagina 2. Valutare i guadagni parziali

Ecco, questa è una cosa un po’ meno stoica, però rende l’idea di quanto sia importante valutare il peso delle proprie azioni.

Non sempre sarà possibile vincere, ma a volte strappare anche solo un beneficio può essere qualcosa di cui ci importi particolarmente, sviluppare una skill, magari confidenza o fiducia in se stessi.

Non tutte le vittorie mutilate sono vittorie di pirro. Anzi, forse sono l’esatto contrario.

Vincere rimanendo nello status quo spesso e volentieri può essere a tuti gli effetti come picchiare un bambino per avere le caramelle, solo che poi non ceni perché non hai i soldi per andare avanti e ti chiedi: perché non ho impiegato il mio tempo in altro modo? Certo è stato divert No signori mi dissocio, però potevo effettivamente fare altro per provvedere al mio lungo termine.

Fare non provare, è un motto stoico tirato fuori dal saggio nano verde di guerre stellari, ma non tiene conto dell’importanza dell’azione in quanto tale. L’incubo peggiore è vivere, sapendo di non aver fatto abbastanza.

Pagina 3. L’autoconservazione e la comfort zone sono problematici

Costa mantenere lo status quo, costa atrocemente. Nella terza pagina scriviamo quello che pensiamo sia il prezzo pagato per non aver agito prima.

Meglio un rimorso che un rimpianto, si dice, non a caso.

In questo ultimo paragrafo immaginiamo che cosa succede valutando il momentaneo sforzo e il beneficio finale, e viceversa.

Questo non vuol dire che le paure siano infondate, anzi, ma non possiamo dirlo senza analizzarle per davvero.

Detto questo, a parte inesattezze sto(r)iche già commentate, non trovo particolari elementi negativi o cattivi presagi nello speech, anzi è veramente uno speech apprezzabile e molto deciso.

Ma ora è il momento. Liberiamo il Kraken. Sveglia Signor Spiegone, è il momento delle:

Ombre su Tim Ferriss

Il suo metodo, come abbiamo visto la scorsa volta, ha una narrazione nei confronti dell’azione funzionale a qualunque costo, estremamente allettante e in grado di foraggiare il mito americano del self made man.

Ora, l’utilizzo di tropi culturali inappropriati, o comunque non completamente pertinenti all’interno dei suoi speech, è davvero poca cosa rispetto al dubbio strutturale che ci si pone davanti a questo genere di narrazione.

Lavorare quattro ore al giorno e vivere in maniera funzionalistica facendo ogni cosa solo perché è utile e avere successo, è possibile sempre?

Certo che no, ma di certo aiuta avere un vantaggio economico e monetario consistente.

Di certo non possiamo fare lo stesso discorso a un metalmeccanico di Biella, perché la biella ce la tira.

Scusa se non sono il tuo target Tim, mi rendo conto di essere prevenuto in quanto appartenente ad un ceto socioculturale diverso dal tuo, in un ambiente che non ha la stessa possibilità di movimento come quella degli Stati Uniti, ma uno o due sassolini vanno tolti per onestà intellettuale.

La tua narrativa Tim, per quanto ricca di consigli sulla gestione di task, micro-management, delegazioni e automazione, ma anche di lavoro Smart è una manna dal cielo, ma solo in questi campi; il messaggio che manda però è che ci siano opportunità uguali per tutti ovunque e che vadano sfruttate, che guardacaso, vale quasi esclusivamente per il tuo target di riferimento. Che magari potrei essere anche io in quanto professor Spiegone e con un altissimo grado di istruzione, ma ho una certa età e mi rendo conto di come molte persone, alla base di questo processo siano comunque escluse.

Del resto, poter andare a studiare lingue all’estero è una possibilità che non tutti hanno, stesso discorso per la questione della mobilità.

C’è bisogno di tornare a considerare chi può fare cosa per arrivare ai propri obiettivi, e non si può dare solo contestualizzazioni generiche su quello che è il risultato.

Caro Tim Ferris come per magia il Signor Spiegone torna a dormire...
Caro Tim Ferriss come per magia il Signor Spiegone torna a dormire…

Ok basta Spiegone, torna a dormire

Quello che può sembrare un rant da parte del mio collega in realtà è particolarmente fondato nell’ottica in cui le possibilità di ognuno sono diverse, ciò non toglie che queste vadano sfruttate a qualunque costo (plausibile); e Tim, nel suo piccolo grande mondo, qualcosa riguardo a questo ce lo ha potuto comunicare.

Quello che dovremmo imparare è che da tutti si ha l’occasione di imparare qualcosa, e se riusciamo a contestualizzare sia quello che dice Tim, sia quello che dice il signor Spiegone dialetticamente, si potrebbe riuscire ad avere un quadro positivo sulla nostra vita e una possibilità di migliorarla nonostante tutti i limiti che ci sono nel mentre.

In tutto questo, ti voglio bene Tim, e te ne vuole anche il signor Spiegone.

Le paure le combatto anche io, grazie.