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Metaverso e sanità: a che punto siamo?

Andrea Dotti Pubblicato: 28 Aprile 2022

metaverso e sanità

Cliniche virtuali, interventi in realtà aumentata e analisi dei dati a partire dall’intelligenza artificiale: il rapporto tra metaverso e sanità è già reale.

Tra i trending topics del momento in ambito digitale, il macro argomento del metaverso è sicuramente tra i più caldi. O almeno è così da quando Mark Zuckerberg ha annunciato il rebranding di Facebook, trasformando la sua holding in Meta e annunciando la nuova era di internet.

Da quel momento il tema è stato sviscerato in ogni sua forma e, con toni più o meno entusiastici, è iniziata la corsa frenetica a nuovi modelli di business. Ma ogni cambiamento in ambito tecnologico porta con sé profonde trasformazioni sociali. La Sanità 4.0 è una di queste. E, se intendiamo il metaverso come l’ecosistema in cui convivono intelligenza artificiale, realtà virtuale e realtà aumentata, il processo di cambiamento è già in atto da molto tempo.

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La Sanità 4.0 coniuga intelligenza artificiale, realtà virtuale e realtà aumentata.

Ipotizzando una scala di priorità universale per ogni essere umano, la salute, con tutta probabilità, rappresenta l’urgenza più importante di tutte le altre. Ed in ambito sanitario il new deal tecnologico è un tema centrale già da molti anni. Prima ancora che Zuckerberg dettasse l’agenda del dibattito.

Negli Stati Uniti, ad esempio, c’è un filo rosso che lega ricerca scientifica, dipartimento di difesa e nuove tecnologie, già da molto tempo. È il caso degli studi condotti sulla Sindrome da Stress Post Traumatico (PTSD) sui veterani e reduci di guerra.

Secondo uno studio della South California University un militare su cinque, d’istanza in Iraq o Afghanistan ha sviluppato PTSD. Ed è proprio dallo stesso istituto che, nel 2013, è nato il progetto Bravemind. Attraverso l’utilizzo di VR, i pazienti soggetti al disturbo venivano esposti agli eventi traumatici vissuti al fronte, e venivano costantemente monitorati da un team di specialisti.

Nel 2021, inoltre, il governo americano ha stanziato 20 miliardi di dollari in un appalto con Microsoft, proprio per la fornitura di visori all’esercito.

Nell’estate del 2019 TIM lanciò lo spot per promuovere la nuova rete infrastrutturale 5G. Per descrivere il progresso tecnologico venne scelto proprio un medico, in grado di svolgere un intervento da remoto senza dover rinunciare al matrimonio della figlia. Il futuro insieme, recitava il claim della pubblicità.

Ma a che punto è, questo futuro?

Il ruolo del metaverso nella formazione di professionisti della sanità

Nel dicembre 2017 l’Università di Pavia annunciava, tramite la sua newsletter, una lezione di chirurgia svolta con gli strumenti della realtà virtuale. In quel caso, si trattò di un intervento endovascolare di stenting carotideo, al quale gli studenti poterono assistere tramite l’utilizzo di un visore.

Tre anni dopo la lezione dell’Università di Pavia, le nostre vite sono state travolte dalla pandemia da Covid 19. In quel contesto, nel marzo del 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha utilizzato la realtà aumentata per formare in tempo reale migliaia di operatori sanitari in tutto il mondo. L’obiettivo era trasmettere linee guida universali sul contrasto della pandemia.

Prese forma un’app di e-learning, sviluppata sulla base dell’esigenza di oltre 20 mila operatori, a seguito di altrettante interviste: uno strumento in tempo reale fruibile da mobile, basato sulla realtà aumentata per formare i professionisti della sanità sul corretto uso dei dispositivi di sicurezza.

Diverse Università, inoltre, si avvalgono dell’applicazione Body Interact. Si tratta di un software in grado di simulare casi clinici con pazienti virtuali. L’algoritmo generato dall’AI dell’app è in grado di generare circa 1000 pazienti con diverse patologie. In questo modo, gli studenti possono esercitarsi in ambito diagnostico e terapeutico.

Negli Stati Uniti, invece, la partnership tra Microsoft e Case Western University è iniziata nel 2019. Con il supporto di HoloLens, gli studenti di medicina possono studiare l’anatomia tramite degli accurati modelli 3D del corpo umano.

In generale, la nuova frontiera, basata sull’esperienza immersiva degli utenti, tramite la combinazione di realtà virtuale, realtà aumentata e intelligenza artificiale, sono un veicolo perfetto per formazione medica.

A influire in modo determinante, in questo senso, sono i concetti di immersività e trial and error: dinamiche fondamentali nei processi formativi. La sua applicazione può essere declinata a:

Point of view: gli studenti di medicina possono vivere l’esperienza in prima persona, ad esempio, di un’operazione chirurgica condotta da un professore.

Simulazione: gli applicativi sono in grado di replicare perfettamente un corpo umano, sul quale esercitare pratiche mediche anche complesse e a rischio zero.

Visione a 360 gradi: la tecnologia VR può portare gli studenti all’interno del corpo umano e fornire modelli 3D e angoli di visuale completamente liberi da ostacoli di natura fisica.

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In piena pandemia da Covid 19, nel marzo del 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha utilizzato la realtà aumentata per formare in tempo reale operatori sanitari in tutto il mondo per trasmettere linee guida universali sul contrasto della pandemia in tutta sicurezza.

Metaverso e chirurgia: eseguire interventi con la tecnologia VR

Se, in tema di formazione, il passaggio alle tecnologie di realtà virtuale è più immediato e comprensibile, in ambito chirurgico la questione è più complessa. Un conto è apprendere nozioni di anatomia e fare pratica su un manichino virtuale. Un’altra cosa, invece, sono operazioni e interventi complessi su un corpo umano in carne e ossa.

Per questo motivo, le sue applicazioni sono ancora piuttosto rare, rispetto a quelle utilizzate nella formazione di professionisti sanitari. Ma negli ultimi anni la ricerca ha compiuto grossi passi in avanti.

Nel 2020 l’Israeliana Augmedics ha fornito ai medici della John Hopkins University la tecnologia per compiere un intervento di chirurgia spinale in realtà aumentata. Timothy Witham, direttore del dipartimento di neurochirurgia, ha condotto un intervento di fusione spinale su una paziente, con l’obiettivo di alleviare il dolore cronico alla schiena.

La realtà aumentata, riprodotta dal visore, ha permesso ai medici di visualizzare in tempo reale la diagnostica per immagini del paziente, come una risonanza o una TC, senza ricorrere a monitor esterni. Più semplicemente: l’équipe di Witham aveva una visuale ai raggi X del corpo del paziente in tempo reale, completa di ossa e tessuti.

Il metaverso integrato con le tecnologie della robotica

In ambito chirurgico, l’ecosistema del metaverso si integra anche con le tecnologie della robotica. L’obiettivo, in questo senso, è rendere gli interventi sempre meno invasivi.

Vicarius Surgical è una startup nata negli Stati Uniti e specializzata in robot per laparoscopici per interventi addominali. I bracci meccanici, che operano con un’incisione di 2 centimetri, sono controllati anche tramite l’utilizzo di un visore, che fornisce al chirurgo un’immagine a 360 gradi dell’interno del corpo del paziente.

Altre soluzioni, invece, sono orientate alla creazione di vere e proprie sale operatorie virtuali, all’interno delle quali, chirurghi di diverse équipe possono collaborare a distanza ed eseguire procedure sinergicamente.

Metaverso e diagnosi: gli organi digitali

Il digital twin è un modello digitale complesso, che rappresenta la copia esatta, in termini di dati e comportamenti, del suo corrispettivo fisico. I cosiddetti gemelli digitali vengono utilizzati in ogni tipo di industria, dall’elettronica all’automotive, per studiare i comportamenti e raccogliere dati prima della fase di produzione e sviluppo del prodotto.

In ambito medico, Siemens Healthineers sta sperimentando digital twins di cuori umani. Tali modelli hanno il compito di simulare l’intera composizione molecolare e le funzioni biologiche dell’organo.

Come risponde a una determinata cura farmacologica? Come reagisce a un particolare intervento chirurgico? Sulla base dei dati condotti e delle simulazioni, le équipe sarebbero in grado, in un secondo momento, di effettuare diagnosi, prendere decisioni cliniche con un buon margine di rischio e studiare il decorso delle malattie.

I digital twins, in quanto riproduzioni basate sull’intelligenza artificiale, possono essere utilizzati anche come modelli epidemiologici. Ad esempio, lo studio sul comportamento di determinate famiglie di virus e patogeni può aiutare a prendere decisioni data-driven su larga scala, in merito agli eventuali sviluppi di epidemie.

Alcune startup come Twin Health, invece, stanno conducendo studi sociali sui gemelli digitali nel campo delle abitudini alimentari, al fine di fornire dashboard esaustive sui disturbi metabolici e malattie correlate agli stili di vita.

Implicazioni etiche su metaverso e sanità

Le applicazioni elencate sono solo una piccola parte. La ricerca in questo ambito è destinata ad aumentare. Come prevedibile, in quasi tutti i Paesi OCSE la spesa sanitaria è aumentata in tempi di pandemia. Così come sta accadendo per i processi di digitalizzazione e dematerializzazione. E quello dell’innovazione tecnologica in ambito sanitario è, senza ombra di dubbio, un tema centrale.

Allo stesso tempo, però, è aumentata anche la spesa sanitaria privata: un campanello d’allarme, che fa emergere come i costi della salute impattano anche sui redditi delle singole persone.

Il timore è che la forbice delle disuguaglianze sociali possa allargarsi, soprattutto in un periodo di crisi sanitaria come quella che abbiamo attraversato. L’innovazione tecnologica, in questo senso, deve perseguire l’obiettivo di migliorare l’aspettativa di vita e le condizioni di salute delle persone. E l’entusiasmo del progresso non deve cancellare i quesiti etici.

Tali disuguaglianze possono aumentare a causa del costo delle tecnologie e dei dispositivi come i visori. Ma anche a causa del digital divide, l’accesso alla rete e a infrastrutture performanti e alle differenze di alfabetizzazione informatica.

Il cambiamento, dunque, non va subito, ma governato. Il processo di digitalizzazione sanitaria, accentra, inoltre, nelle mani delle tech-company una grossa mole di dati sensibili sulla salute dei pazienti. La vera sfida sarà trovare l’equilibrio tra massicci investimenti, tutela dei pazienti e i principi universalistici del diritto alle cure