New Ways of Working
Nel 1930, l’economista Keynes predisse che il cambiamento tecnologico e i miglioramenti della produttività, avrebbero portato a una settimana lavorativa di solo 15 ore. Ma mentre l’orario di lavoro è diminuito del 26%, la maggior parte di noi ha ancora una media di 42,5 ore a settimana, secondo i dati di Eurostat.
Una delle cose che Keynes ha sottovalutato è il desiderio umano di competere con i nostri coetanei, una spinta che fa sì che la maggior parte di noi lavori più del necessario.
Il superlavoro come scelta, al contrario della schiavitù per i salari di sussistenza, ha fatto parte della società occidentale sin dalla rivoluzione industriale, quando alcuni prevedevano che l’automazione avrebbe creato un “eccesso” di tempo libero. Ovviamente la cosa non è successa, ma è rimasta nella testa delle persone questa convinzione.
Grazie all’informatizzazione e alla globalizzazione negli anni ’80, i manager potevano tenere sotto scacco i lavoratori con la minaccia di trovare altro personale. Insomma, la pressione si è accumulata; portando le persone a sacrificare volontariamente il proprio benessere attraverso il superlavoro per regolari “colpi” di successo.
Comunque è stato dimostrato che questo porta a burnout, stress, un maggior rischio di malattie cardiache, ictus e persino una durata della vita più breve. Tuttavia, abbiamo perseverato, fino all’arrivo del COVID-19.
Quelli di noi che lavorano da casa durante la pandemia hanno fatto una media di sei ore di straordinario non retribuito a settimana, secondo l’Office of National Statistics (ONS).
Oltre a spingerci a lavorare di più, il COVID-19 ha anche accelerato il passaggio all’automazione e all’intelligenza artificiale, in particolare per i lavori con un’elevata vicinanza fisica, dallo sviluppo di droni per le consegne di Amazon ai taxi a guida autonoma.
Ci sono eccezioni. I lavori che implicano interazioni sociali complesse vanno oltre le attuali competenze dei robot; è probabile che l’insegnamento, l’assistenza sociale, l’assistenza infermieristica e la consulenza sopravvivano alla rivoluzione dell’intelligenza artificiale. Così come i lavori che si basano sulla creatività. Lo stesso vale anche per i lavori di pulizia, a causa della moltitudine di oggetti diversi che gli addetti alle pulizie incontrano e della varietà di modi in cui tali oggetti devono essere trattati.
È interessante notare che le aree del posto di lavoro tradizionalmente dominate dalle donne non saranno così facilmente adottate dall’IA. È improbabile che i robot aiutino nel “lavoro” di allevare i figli, preparare i cestini per il pranzo e fare il bucato.
Coloro il cui lavoro non rientra nei regni di cura/pulizia/creatività lavoreranno ancora in futuro, solo in modo diverso. In circa il 60% delle occupazioni, si stima che un terzo delle attività possa essere automatizzato; questo significa cambiamenti sostanziali nel mondo del lavoro e riqualificazione.
Uno studio su larga scala ha previsto che nei prossimi 20 anni, 7 milioni di posti di lavoro andranno persi a causa dell’IA. Tuttavia ne verranno creati 7,2 milioni di nuovi. In futuro, quindi, continueremo a lavorare; non sappiamo in cosa e non sappiamo se con le persone o con i robot, ma sicuramente continueremo a farlo.