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Coalescence Innovation: l’innovazione che fa bene a tutti

Roberta Cammarota Pubblicato: 14 Ottobre 2021

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La nuova generazione di consumatori pretende più attenzione al sociale da parte delle aziende. Ecco perché devi adottare da subito i principi del paradigma della coalescence innovation.

paradigma coalescence innovation - spremute digitali
Il paradigma della Coalescence Innovation è la convergenza tra Social Innovation e Open Innovation. Raccoglie in un unico frame gli elementi caratterizzanti dell’innovazione sociale e aperta.

Quando, a Novembre 2020, abbiamo lanciato il paradigma della Coalescence Innovation sapevamo che il nostro lavoro in questo campo era appena iniziato. Come ogni nuova scoperta che si rispetti, la Coalescence Innovation era come un “eureka”, un’intuizione da trasformare in scoperta, una fiamma accesa da alimentare con la ricerca.

E così è stato: da allora non ci siamo mai fermati e abbiamo continuato a studiare, metabolizzare, approfondire. In pieno stile Coalescence Innovation non abbiamo agito da soli, ma in ecosistema, chiedendo il supporto della community di innovatori all’interno e all’esterno dei confini nazionali.

Ines Garaplija, giovane dottoressa tedesca che ha frequentato il corso Economics and Communication for Management and Innovation presso l’Università Sapienza di Roma, ha accolto il nostro appello e si è unita alla ricerca sul tema della coalescenza, sviluppando una tesi di laurea dal titolo “Innovation Strategies for Startups and Intrapreneurship”. 

Oggi Ines è con noi su Spremute Digitali per raccontarci che cosa ha scoperto con la sua tesi e come sta applicando alla sua attività lavorativa quotidiana il paradigma della Coalescence Innovation.

Paradigma coalescence innovation: come applicarlo all’attività lavorativa quotidiana e perché

Q. Ciao Ines, siamo felici di averti su Spremute Digitali. Raccontaci qualcosa su di te e sulla tua passione per l’innovazione. 

Ines Garapija paradigma coalescence innovation - spremute digitali
Ines Garaplija

A. Ciao Roberta! Sono felice di fare questa chiacchierata con te e con i lettori di Spremute Digitali. Più che un’appassionata di innovazione, mi definisco una persona che ha tante idee e che ama lavorare in sinergia con altri attori.

Durante le mie esperienze lavorative in Tesla e Daimler ho sempre dato il massimo per trovare le soluzioni più rapide ed efficienti ai problemi delle due aziende e questo ha contribuito a formarmi molto come professionista dell’innovazione. Ho avuto poi l’opportunità di approfondire le mie conoscenze sul mondo dell’innovazione durante i lavori per la mia tesi di laurea grazie alla professoressa Giuliana Baldo Chiaron che mi ha messo in contatto con uno dei due founder di Seedble, Andrea Solimene. Direi un match perfetto!

Oggi sono felice di portare queste conoscenze ed esperienze nel mio lavoro quotidiano in una startup unicorno davvero visionaria. 

Q. A proposito di questo, sappiamo che lavori presso SunRoof, una startup innovativa che ha inventato un nuovo concetto di pannello solare ancora più green. Anche nella tua tesi di laurea hai trattato il tema della social innovation applicata alle startup, e di qui la mia domanda: in base alle tue esperienze lavorative e alle tue ricerche accademiche, quanto pensi sia importante che le nuove imprese perseguano obiettivi di tipo sociale oltre che di tipo economico? 

A. Da un punto di vista di business, penso sia ormai indispensabile per ogni tipo di azienda proporsi obiettivi di tipo sociale, del resto è quello che chiedono le nuove generazioni di consumatori. Secondo un recente studio di McKinsey, il 90% dei consumatori della Gen Z ritiene che le aziende abbiano una responsabilità nel perseguire obiettivi di tipo sociale e ambientale.

Nel 2020, questi consumatori ammontavano già al 40% del mercato totale. Per quanto mi riguarda, cerco sempre di preferire opzioni sostenibili rispetto a quelle convenzionali in ogni aspetto della mia vita e SunRoof ne è un perfetto esempio: è più economico dei tradizionali pannelli fotovoltaici, ma è più efficiente e anche esteticamente più carino!

Q. Parliamo di Coalescence Innovation: nella tua tesi hai dimostrato che questo nuovo paradigma di innovazione può superare i principali limiti applicativi dell’Open e della Social Innovation. Puoi spiegarci come sei giunta a queste conclusioni? 

A. Ogni paradigma di innovazione ha i suoi limiti: l’Open Innovation è focalizzata sul produrre profitto attraverso canali di innovazione alternativi, mentre la Social Innovation punta a massimizzare il benessere a livello sociale. Si potrebbe pensare che questa differenza di intenti renda i due paradigmi inconciliabili, tuttavia la Coalescence Innovation dimostra che si può generare profitto pur perseguendo obiettivi di tipo sociale. 

Come accennavo prima, la nuova generazione di consumatori chiede sempre più che le aziende siano trasparenti riguardo al proprio impatto ambientale e alle proprie politiche sociali. Allo stesso tempo, come sostiene la teoria di Rifkin dello Zero Marginal Cost, la società si focalizza sempre di più sul concetto di capitale sociale e questo fa sì che ci sia sempre più attenzione, in generale, al perseguimento del benessere sociale, tematica intercettata dal concetto di Coalescence Innovation che suggerisce, appunto, di creare ecosistemi di innovazione che coinvolgano diversi attori per risolvere problemi di natura sociale

Q. Cosa stai facendo in SunRoof per applicare i principi della Coalescence Innovation alle attività dell’azienda? 

A. Come startup, in SunRoof incontriamo quotidianamente nuove sfide e ostacoli nella nostra attività. Anche se per il momento operiamo solo nel mercato tedesco, ci scontriamo spesso con regolamentazioni e standard di settore davvero esigenti e per questo ci siamo messi in contatto con diversi costruttori, clienti e anche professori universitari per riuscire a ottimizzare il nostro prodotto in accordo con quanto richiesto dal governo.

Costruendo questo ecosistema di diversi attori, opinioni e competenze, siamo riusciti ad ottimizzare velocemente la nostra offerta e adesso siamo pronti a conquistare il mercato. Ma siamo anche consapevoli del fatto che la contaminazione è un processo continuo, e quindi restiamo sempre aperti a nuove idee e stimoli che possano continuare a far crescere il nostro piccolo ecosistema. 

Q. Prima di lasciarci, saluta la community di Spremute Digitali spiegando perché tutti dovrebbero leggere il White Paper sulla Coalescence Innovation.

A. Sono davvero grata alla Professoressa Baldo Chiaron e ad Andrea Solimene per avermi introdotto alla Coalescence Innovation. Il White Paper ha significativamente cambiato la mia prospettiva sull’innovazione e il mio modo di concepire e di maneggiare le nuove idee.

Considerare sempre tutte le opzioni esistenti, creare sinergie tra di esse e applicare i metodi della Coalescence Innovation: questi sono i pillar su cui ad oggi fondo i miei processi decisionali di fronte a qualunque sfida mi si ponga a livello professionale. 

Inoltre, un aspetto da non sottovalutare è che il White Paper è molto intuitivo e ha un design accattivante, il che lo ha reso una lettura davvero piacevole durante il mio lavoro di tesi. Insomma, tutti dovrebbero dargli una possibilità!

Q. Grazie, Ines e in bocca al lupo per il tuo futuro nel mondo dell’innovazione!

Il racconto di Ines non è altro che la dimostrazione dei preziosi benefici che si generano quando realtà accademiche e aziendali – come l’Università Sapienza di Roma e Seedble – lavorano in ecosistema.

Chiunque pensi di avere le caratteristiche di un change agent che lavora per favorire contaminazione e cambiamento e che ambisce ad attribuire all’innovazione anche una valenza di tipo sociale, dovrebbe unirsi alla ricerca sulla Coalescence Innovation e aiutarci a diffondere il paradigma nelle realtà più illuminate.

Da dove iniziare? Leggi il white paper e facci sapere che ne pensi: saremo felici di accogliere qualunque feedback.