Personal Empowerment

Burnout: come prevenire e curare la sindrome da superlavoro

Rebecca Bruni Pubblicato: 14 Aprile 2022

burnout e superlavoro

Stress e ansia sono fattori associati a uno stato di malessere della persona. Fra le principali cause dei suddetti disturbi psicofisici c’è anche – non solo, ovviamente – il Burnout. La sindrome da superlavoro non è una novità. Negli ultimi tempi, però, in particolare nell’era Covid, tale minaccia si è fatta più insidiosa.

Vediamo come riconoscerla e come prevenirla per evitare situazioni estreme, come quelle recentemente vissute in Cina e in Giappone.

Burnout significato: cosa sai della sindrome da superlavoro?

burnout e superlavoro
Cosa significa Burnout? Quale l’origine della sindrome da superlavoro?

Già negli anni ’70 lo psicologo statunitense Herbert Freudenberger teorizzava la sindrome da superlavoro. Nel suo libro, dal titolo “Burnout: The High Cost of High Achievement”, Freudenberger fa focus sull’alto livello di stress e di esaurimento conseguente allo svolgimento delle cosiddette “professioni di aiuto”. Il riferimento, in particolare, è alle professioni sanitarie, come medici e infermieri che, ieri come oggi, richiedono un intenso impegno fisico ed emotivo, oltre che una forte vocazione al sacrificio. 

Nell’arco di mezzo secolo il termine Burnout (letteralmente scoppiato, bruciato) si è esteso dall’ambito sanitario a tutte le categorie lavorative, indipendentemente da età, genere, ruolo e professione. Tanto che, nel 2019, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha incluso tale sindrome nell’11esima revisione dell’International Classification of Diseases (ICD-11).

OMS ha classificato il Burnout come un fenomeno occupazionale, una sindrome prolungata nel tempo, se non gestita nelle corrette modalità di intervento.

Definizione di sindrome da Burnout

La sindrome da Burnout, ovvero lo stress da lavoro correlato, è una reazione psico fisica che si verifica in ambito lavorativo, quando il soggetto ritiene di essere incapace di fare fronte alle richieste esterne.

Se non viene affrontato tempestivamente e se non è riconosciuto come disagio, influisce negativamente sulla qualità della vita e può aggravarsi in patologie psicosomatiche e in depressione cronica.

Superlavoro: sintomi e rimedi

Rimedi per fermare burnout e stress da superlavoro
Per fermare il burnout e lo stress da superlavoro ci sono dei rimedi.

Nell’ICD-11 di OMS, sopra citata, sono indicati anche i principali sintomi che consentono ai medici di diagnosticare in tempo la condizione di superlavoro:

Solitudine e senso di alienazione sono tra i sintomi del burnout.
Il burnout ha conseguenze sul piano psicologico, ma anche fisico. Solitudine e senso di alienazione sono delle conseguenze e sintomi comuni.

Tali fattori possono presentarsi in maniera concomitante, oppure progressivamente nel tempo e, se non riconosciuti come campanelli d’allarme, hanno conseguenze sul piano psicologico e fisico. In particolare possono emergere:

Come si guarisce dal Burnout?

Il superlavoro è un male del nostro tempo. Obiettivi sempre meno a misura di persona, velocità folle di esecuzione, innovazioni tecnologiche che si sostituiscono alle relazioni umane (il dibattito sul Metaverso ne è l’esempio più eclatante) sono fattori che fungono da boost ai disagi dello stress da lavoro correlato.

La presa di coscienza della necessità di un cambiamento è il primo passo per stare meglio. Ripetere lo stesso schema, variandolo solo occasionalmente (il famoso break quando il sovraccarico è già in atto), non serve a niente. Gli antidoti contro il surplus di lavoro passano anche, anzi soprattutto, dalla volontà della persona di invertire la marcia e di riprendere il controllo della propria vita.

Ecco le azioni che gli esperti reputano essere più efficaci.

L’essere umano è un animale sociale. È dimostrato che i livelli di stress calano notevolmente quando parliamo faccia a faccia con una persona amica, o quando stiamo a contatto con un familiare al quale siamo affettivamente legati. Aprirsi agli altri calma il sistema nervoso. Per tale motivo, la rete di relazioni sociali personali è il primo paracadute da attivare, quando le cose sul posto di lavoro si fanno complicate.

Le relazioni sociali sono un antidoto contro il burnout
Le relazioni sociali sono un antidoto contro il burnout.

Per dare il giusto peso al valore dell’individuo serve tempo. Occorre rallentare per vedere le cose da una prospettiva diversa. Dobbiamo imparare a nutrire speranze e sogni. Uscire dagli spazi fisici consueti. Stabilire dei limiti invalicabili a difesa dell’area riservata alla cura della persona.

Il cambio di mentalità è il passaggio fondamentale per porre rimedio al disagio causato dallo stress lavorativo. Per prima cosa, proviamo a trovare un senso a quello che facciamo. Ogni lavoro ha un suo perché e una propria dignità. Probabilmente, a ben guardare, ha anche degli aspetti piacevoli. Magari ci permette di vedere luoghi nuovi, oppure, più semplicemente, ci da modo di scambiare due chiacchiere con i colleghi.

Se, fatti questi passaggi, la situazione resta in stallo e non si recupera un atteggiamento positivo, prima di arrivare all’esaurimento, si può valutare un cambiamento nel percorso professionale. Qualora anche questa strada risultasse impraticabile, il consiglio è quello di farsi aiutare, internamente al posto di lavoro, oppure rivolgendosi a uno specialista.

Il pericolo cresce nell’era del COVID-19

Burnout e Smart Working sono andati di pari passo nell’ultimo biennio. L’improvviso cambio di paradigma nel mondo del lavoro ha fatto sì che dipendenti e lavoratori abbiamo pagato uno scotto altissimo. Soprattutto nelle organizzazioni meno strutturate e meno pronte, è diventato molto difficile ritagliarsi degli spazi privati e far valere il diritto alla disconnessione.

Lo dimostra un’indagine di Indeed, motore di ricerca per il lavoro, che ha intervistato un campione di 1.500 lavoratori negli U.S.A. I dati del campione, diversificato per età e settori, sono stati confrontati con quelli del 2020, ovvero pre pandemia. 

La ricerca Indeed del marzo 2021 ha dato esiti che non lasciano margini per il dubbio: 

Scoppiare di lavoro? In Cina si dice 996 e in Giappone Karoshi

La sindrome del superlavoro può avere conseguenze estreme, specialmente quando diventata la “regola” di un sistema economico-produttivo (malato, n.d.r.). Lo dimostra un caso eclatante, quello di Zhang Rui fondatore di Doctor Chunyu (piattaforma di telemedicina), morto a 44 anni a causa della formula 996.

Cosa vuol dire 996 in cinese? Significa che per essere considerati produttivi, l’agenda del manager, come quella di un impiegato o di un operaio, deve prevedere un carico di lavoro distribuito dalle 9 alle 9 (da mattina a sera) e 6 giorni su sette. 

In Cina superlavoro e formula 996 sono un problema.
La formula 996 porta inevitabilmente a un carico di lavoro stressante, che può sfociare in burnout.

La storia del povero Zhang Rui è emblematica di come in Cina i modelli occidentali, come ad esempio quello della Sylicon Valley, siano estremizzati nell’ottica di una corsa inarrestabile verso il guadagno più veloce. La società di Rui, dopo aver raggiunto il miliardo di USD di capitalizzazione, era pronta per il debutto in Borsa. Ma il suo fondatore e CEO non ha fatto in tempo a godersi l’atteso riconoscimento: prematuramente bruciato da una rapida ascesa ha detto addio alla vita, prima ancora che al successo.

Il suo caso non è il primo e, con tutta probabilità, non sarà nemmeno l’ultimo. Morire di lavoro, così come di superlavoro, in Cina è una triste normalità. Da quando – ormai circa 40 anni fa con la rivoluzione economica di Deng Xiaoping – il colosso d’Oriente ha iniziato a inseguire il capitalismo più sfrenato, la formula 996 è soltanto uno dei danni collaterali. Esattamente come lo sono lo sfruttamento del lavoro e l’inquinamento ambientale frutto di una crescita non sostenibile.

A onor del vero, va detto che la Cina non è la prima superpotenza economica ad avere dato toccato con mano gli effetti più estremi del superlavoro. Già in Giappone, dal Dopo Guerra in poi, ha preso piede (e tuttora persiste) l’attitudine al Karoshi, che letteralmente significa “morte per eccesso di lavoro”.

Recentemente il governo della città di Tokyo ha raccolto in un libro bianco tutti i casi riconducibili a tale deprecabile fenomeno. Il quadro dipinto è quello di una società nella quale gli ideali di sacrificio e di lealtà al dovere, vengono traslati in maniera distorta in ambito lavorativo. Tanto che sono circa 200 le persone nel Paese Sol Levante che ogni anno muoiono di Karoshi.

Uomini e donne votati all’azienda e… agli straordinari, una consuetudine che in Giappone tocca punte shock: un dipendente può dedicare alla società, per la quale lavora, anche più di 100 ore al mese di straordinario (non retribuito!).