New Ways of Working
Qualche tempo fa, una mattina ricevo una telefonata di lavoro. Si discute di alcuni progetti seguiti insieme, in cui crediamo molto ed abbiamo investito parecchie energie. Sul sentiero che stiamo percorrendo ci sono parecchie pietre di inciampo, muri, ostacoli da superare. Sconsolata ci ripenso su e capisco che tutti i problemi che mi sono stati elencati, hanno un unico denominatore: mancata cooperazione.
Voglio dedicare questa quarta puntata su felicità e lavoro al rapporto tra competizione e collaborazione. L’esperienza di ognuno di noi ci insegna che anche il più convinto cooperatore, circondato da “sfruttatori” o “defezionisti” (cioè il contrario di cooperatori), può arrendersi all’egoismo. Così come il peggior egoista, circondato da persone collaborative, deve adattarsi all’ambiente. Inoltre un sistema in assenza di competizione muore e non innova.
E la felicità dove sta? Nell’equilibrio instabile tra competizione e collaborazione, che non si annullano, ma si completano.
Le spiegazioni più convincenti su questo tema le ho trovate in un libro “Supercooperatori“, che mi ha permesso perfino di risvegliare il neurone che aveva qualche ricordo di calcolo numerico. Questo perché lo scrittore è un matematico prestato alla biologia.
Nel libro, che racconta anche la sua vita, Nowak ci accompagna nello studio matematico della cooperazione. In particolare ha individuato 5 modalità grazie alle quali una persona decide di cooperare.
Dunque a partire da questi principi la notizia buona è che ci sono delle strategie da seguire perché la cooperazione possa trovare spazio.
Se vuoi acquistare il libro di Martin Nowak, puoi farlo qui “Supercooperatori. Altruismo ed evoluzione: perché abbiamo bisogno l’uno dell’altro“
“Il linguaggio permette alle persone di cooperare, scambiarsi idee, pensieri e sogni: in questo modo è intimamente connesso alla cooperazione. Perché il meccanismo della reciprocità indiretta funzioni in modo efficiente, ci vogliono chiacchiere e dicerie, riguardanti persone, fatti, tempi e luoghi. La reciprocità indiretta è la levatrice del linguaggio e anche del nostro grande e potente cervello.”
“Grazie al potere della reputazione, siamo portati ad aiutare altre persone, senza attenderci un contraccambio immediato. Se, grazie a infinite chiacchiere e fascinazioni, il mondo viene a sapere che sono buono e caritatevole, aumenteranno le mie probabilità di essere aiutato a mia volta in futuro. Accorrendo in aiuto di qualcun altro, o rifiutando il tuo aiuto, non solo contribuisci allo sviluppo della tua reputazione, buona o cattiva che sia, ma concorri anche a perpetuare e consolidare quella rete complessa e intricata di reciprocità indiretta, che è essenziale perché una grande società complessa funzioni al meglio.”
“La cooperazione può prosperare quando i cooperatori si accalcano insieme a formare gruppi.”
“Quanti più insiemi ci sono, tante più opportunità sono disponibili ai cooperatori. Per loro diventa infatti più facile trovare insiemi liberi da defezionisti che potrebbero sfruttarne la tendenza alla cooperazione. Gli individui possono cominciare a interagire fra loro solo se condividono più di un insieme. […] C’è un livello ottimale di mobilità (nel senso del ritmo con cui le persone si muovono fra diversi insiemi e con cui ne esplorano di nuovi); se la mobilità è troppo bassa, la popolazione è troppo statica e i cooperatori possono essere sfruttati dai defezionisti. Ma anche l’inverso è un male per i cooperatori: se la mobilità è troppo elevata, nessuna “confraternita di cooperatori” che promuova il reciproco aiuto, durerà troppo a lungo. Il terreno più fertile per la cooperazione si trova fra questi due estremi.”
A questo punto possiamo figurarci quale sia la morte del cooperatore: ritrovarsi in un’organizzazione statica, formata da “pochi grandi gruppi macchinosi”, in cui la mobilità al loro interno sia molto bassa (e quindi qui chiedo a tutti un minuto di silenzio per i colleghi “cooperatori” che lavorano nella pubblica amministrazione).
Secondo Nowak l’evoluzione è il frutto di competizione, mutazione, ma anche collaborazione. Quest’ultima sarebbe la chiave creativa del sistema che ha permesso all’uomo di arrivare fino qui.
Nella mia storia lavorativa sono spesso stata cooperatrice, con fortune alterne con i compagni di viaggio, ma gli stessi matematici dicono che la cooperazione è ciclica, si spegne e si ravviva. E mentre mi arrovello su quale possa essere il giusto equilibrio tra competizione e cooperazione per favorire l’innovazione, la nostra soddisfazione e felicità, arriva mia figlia e mi racconta…
Sai agli scout non siamo tanto agguerriti. Alla gara di cucina il nostro bidone per fare il fuoco funzionava male, ma un’altra squadriglia, quando ha finito, ci ha prestato il suo.