Corporate Innovation
Sempre più la nostra presenza, in questo momento che qualcuno intelligentemente ha iniziato a chiamare “SmartBo”, ha assunto la forma dei nostri pc. Vediamo più sfondi che parti di noi, tant’è vero che ci ritroviamo a scoprire una collega diventata mamma, con grande stupore perché, in effetti, avevamo più elementi nei quadri o sulle pareti che dai nostri corpi.
Ci stiamo abituando alla distanza, ci siamo resi conto che è vero che la sopravvivenza ci fa fare passi più lunghi di quelli che avremmo immaginato. Quello che però rimane un interrogativo è relativo alla vera umanità dietro a queste infinite video-call.
Tra gli aspetti più sottovalutati, a mio avviso, c’è l’importanza di trovare nuovi modi per tenere unito un team, per far arrivare l’azienda in casa attraverso il capo, quasi unico touch-point in queste nostre case/ufficio dalle lontanissime separazioni nette. Si deve, e come trasmettere il lato umano in questo lavoro virtuale?
Personalmente credo molto che in questo “annus horribilis”, l’anno più stressante di sempre, come è stato definito, iniziare e finire una riunione con tocchi umani sia fondamentale. Sostengo i “come stai?” pieni di significato e più in generale del buon umore attraverso piccoli e spontanei momenti per ridere e far emergere la gioia e il senso di appartenenza. Di pesantezza ne stiamo vivendo troppa in questo momento; alleggerirci, nella facile deriva del #FullWorking, è davvero non trascurabile.
Ho pensato di parlarne con un esperto, Diego Parassole. Attore comico, diplomato presso l’Accademia d’Arte Drammatica Paolo Grassi e presso la scuola di Teatro di Movimento Bella Hutter di Torino; è noto al grande pubblico per le sue partecipazioni al Maurizio Costanzo Show, Ballarò e Zelig. Si occupa del 1995 di formazione in azienda. È istruttore di mindfulness e coach, e TedX coach.
Diego Parassole e il valore della risata nelle organizzazioni
Diego Parassole. Attore comico. È istruttore di mindfulness e coach, e TedX coach.
A. Una risata è trovare un punto di vista sorprendente, che spiazza rispetto a ciò che si conosce. Ha al suo interno la componente di divertimento, di piacere, di liberazione di endorfina, come di abbassamento del cortisolo, e al contempo una componente di restrutturazione cognitiva, quindi la capacità di farci guardare le cose da un punto di vista più esterno.
Ha dunque in sé il potere di cambiare le cose e qui cito Richard Bandler.
Se siete seri, siete bloccati. L’umorismo è la via più rapida per invertire questo processo. Se potete ridere di una cosa, potete anche cambiarla.
Ridere di un problema, ad esempio, aiuta a risolverlo, facendolo vivere con maggior leggerezza. La risata sostiene il benessere e stempera la tensione.
A. Possibile è possibile, ma è più difficile. Considera che, come sostenuto da Robert R. Provine, PhD, esperto di comportamento neurobiologico dell’Università del Maryland a Baltimora, le persone possono ridere circa 30 volte di più quando sono circondati da altre persone, rispetto a quando sono soli.
Dietro alla risata ci sono dinamiche di gruppo, di accettazione. In presenza è più facile farlo, perché senti gli altri; il pubblico su schermo è per forza più freddo, viene meno il “contagio sociale ed emotivo”.
In questo influisce anche la postura, un problema sottovalutato. Siamo sempre più chini sui telefoni e/o sugli schermi, ignorando il più delle volte la correlazione tra postura e stato emotivo. Modificando la postura, cambia anche la concentrazione del cortisolo nel sangue. Sorridendo di più, con una postura più aperta, cambia il nostro stato emotivo.
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A. La risposta è dipende dal contesto e dalla situazione. Ma per sdrammatizzare una tensione, un problema, come già sostenuto, può essere importante. Le risate sociali, di appartenenza non possono essere sottovalutate. Più la situazione è tesa, più un atto per scioglierla rigenera l’ambiente.
Il problema è che spesso nelle aziende la risata viene vista come qualcosa di lontano dalla produttività. La percezione diffusa è che si debba essere seri per lavorare e portare a casa obiettivi e risultati, come se il lavoro fosse un’azione meccanica, lineare, ignorando che la mente, invece, necessita di fluire.
Il gioco e la comicità sono ancora poco riconosciuti nel loro valore generativo e ricreativo, quindi di ritorno sulla produttività. Su questi temi mi permetto di consigliare i Ted di Stuart Brown e di Shawn Achor.
A. Consiglio di ridere con gli altri e di evitarci di portare dei pesi; non ridere delle situazioni, come detto, le può fa diventare peggiori. Poi, ribadisco l’importanza sulla postura perché ci stiamo muovendo veramente poco. Non siamo fatti per stare tutte queste ore al pc. Ci fa male la luce led degli schermi, blocca la produzione della melatonina.
Continuando così andiamo in down, non possiamo sempre correre in salita. Dobbiamo rallentare questa velocità di conference ed eventi in digitale. Fare attenzione alla dopamina. Insomma rischiamo uno uso compulsivo di smartphone, tablet e tutto quello che ci serve per vivere online, trascurando la vita reale.
Senza soffermarsi troppo sul recente “The social dilemma”, dobbiamo evitare l’iperstimolazione, gli impatti che stiamo scoprendo sempre di più anche sulla serotonina. Su questi temi molto interessante è il documentario “Crescere davanti a uno schermo“.
A. Penso alle tante inquadrature divertenti, da quelle ad “effetto shining” tra ombre e luci sbagliate, alle sole parti del corpo mostrate, come solo la fronte, o solo il naso, o solo i capelli.
Mi hanno raccontato anche di una riunione in cui una collega – senza rendersi conto di avere la webcam attivata – si è spogliata e cambiata in diretta.
Ma penso anche al mio primo webinar, dalla casa in campagna, dove avevo una bassa copertura di rete e così ho parlato tutto il tempo mostrando slide rallentate e di parecchio, rendendo le persone incapaci di comprendere. Da quella volta ho imparato che è meglio evitare quanto più possibile l’utilizzo delle slide e chiedere sempre conferma a chi è in ascolto di quel che sta vedendo.
A. Ne penso tre. Una che rimanda al tema dell’intervista, un proverbio giapponese:
Il tempo trascorso ridendo è tempo trascorso con gli dei.
Tornando invece sul mio # e sul primo discorso legato al collegamento tra corpo e mente da non trascurare, penso ad una delle mie battute che facevo nei primi spettacoli:
Ho cercato di sfuggire a me stesso, ma il mio corpo mi segue sempre troppo da vicino.
Per la mia preferita, però, ne sceglierei una di Mark Twain:
Scelgo il paradiso per il clima e l’inferno per la compagnia.
Diego Parassole ed io in video-call.
Godetevi ogni momento della vita! La vita è bella!