Startup & Entrepreneurship

La Remunerazione del personale delle Startup

Luca Furfaro Pubblicato: 29 Dicembre 2017

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Molte volte ci si concentra sull’aspetto innovativo delle startup, pensando alle tecnologie, agli investimenti in brevetti e all’immagine. L’innovazione però, passa attraverso le persone e la loro inventiva. La gestione del personale nelle startup, è fondamentale per il successo dell’idea; selezionare le giuste persone e riuscire a gestirle in maniera flessibile, ma meritocratica, è la chiave per il successo delle imprese moderne.
Le startup, dal punto di vista normativo, sono state introdotte nel nostro ordinamento solo nel 2012. Le stesse presentano peculiarità particolari, riguardo al trattamento dei propri dipendenti.
Ricordiamo che le startup sono società di capitali, le cui azioni non sono quotate su un mercato regolamentato; per essere considerata tale, la startup deve avere particolari caratteristiche:

Inoltre, in alternativa, deve possedere uno dei seguenti requisiti:

  1. Spese in ricerca e sviluppo, uguali o superiori al 15% del maggiore valore fra costo e valore totale della produzione della startup innovativa;
  2. Impiego come dipendenti o collaboratori, in percentuale di almeno ad un terzo della forza lavoro complessiva, di dottorandi o dottorati, laureati ricercatori, laureati magistrali;
  3. Essere titolare o depositaria o licenziataria di un brevetto industriale.

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Startup e Remunerazione del personale

Desta un’attenzione particolare il metodo di remunerazione dei dipendenti delle startup. Generalmente la retribuzione è formata da determinati elementi:

Il D.L. 179/2012, che ha introdotto la disciplina sulle startup, prevede all’articolo 28 comma 7 che la retribuzione dei lavoratori assunti in una startup:

è costituita da una parte che non può essere inferiore al minimo tabellare previsto, per il rispettivo livello di inquadramento, dal contratto collettivo applicabile.
E da una parte variabile, consistente in trattamenti collegati all’efficienza o alla redditività dell’impresa, alla produttività del lavoratore o del gruppo di lavoro, o ad altri obiettivi o parametri di rendimento concordati tra le parti, incluse l’assegnazione di opzioni per l’acquisto di quote o azioni della società e la cessione gratuita delle medesime quote o azioni.

La remunerazione del personale delle startup, da cosa è composta?

La remunerazione del personale delle startup è composta, in sintesi, da una parte fissa e una variabile.

La parte fissa della remunerazione del personale

La parte fissa è la retribuzione fissata dai Ccnl: si tratta quindi, come già descritto, dei minimi contrattuali fissati dai contratti collettivi, che generalmente non possono essere variati.
A questo proposito, le startup rappresentano un’eccezione alla regola: il legislatore infatti ha previsto la possibilità, da parte della contrattazione nazionale o decentrata, di ridefinire i minimi tabellari in funzione proprio dell’avvio della startup.
Sempre il D.L. 179/2012, prevede poi che i contratti collettivi stipulati dalle organizzazione sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possano definire, in via diretta o delegata ai livelli decentrati, con accordi interconfederali o di categoria o avvisi comuni, sia i criteri per la determinazione di nuovi minimi, sia criteri per la determinazione della parte variabile.
Questa deroga ha principalmente l’obiettivo di agevolare e promuovere l’avvio delle nuove startup.
In ogni caso, ogni deroga possibile deve sottostare al limite minimo imposto dalla costituzione. L‘art. 36, comma 1, infatti stabilisce che il lavoratore deve essere retribuito proporzionatamente alla quantità e alla qualità di lavoro svolto e sufficientemente per poter aver un'”esistenza libera e dignitosa”.

La parte variabile della remunerazione del personale di una startup

Per quanto riguarda la parte variabile della retribuzione, essa può essere definita in base all’efficienza e alla redditività dell’impresa, e può quindi consistere in piani di incentivazione consistenti in bonus in denaro o strumenti finanziari.
Questa logica serve a coinvolgere i dipendenti nell’impresa e a responsabilizzarli circa i loro risultati, contenendo i costi.
La retribuzione variabile può, quindi, essere definita secondo determinati parametri legati alla produttività del lavoratore, di un gruppo di lavoro o al raggiungimento di un risultato predeterminato.
Ad esempio, la parte variabile può essere corrisposta tramite premi di produttività, di redditività, bonus per il raggiungimento di obiettivi su base annuale o pluriennale, oppure welfare premiale. Potrà anche essere erogata sotto forma di strumenti finanziari della stessa startup per incentivare l’imprenditorialità dei dipendenti, con la sottoscrizione di azioni a determinate condizioni.
Questi ultimi non rientrano né nell’imponibile previdenziale né in quello fiscale, almeno fino a quando non sono riacquistati dalla startup stessa o da società controllate o controllanti.
Questo regime si applica anche a collaboratori, amministratori e soggetti terzi che abbiano ricevuto detti strumenti finanziari, in seguito ad una prestazione, professionale o meno, svolta per conto della startup. Le plusvalenze ricavate dalla cessione di tali strumenti, sono invece soggette al regime ordinario di tassazione.
 


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