Corporate Innovation

Stai facendo CSR o greenwashing?

Simone Romanelli Pubblicato: 18 Luglio 2022

greenwashing

È davvero possibile, oggi, fare impresa senza tener conto delle logiche della CSR (​​Corporate Social Responsability) o senza cadere in dinamiche del cosiddetto greenwashing?

La risposta è no, ed è per questo che anche le aziende che non sono pronte, o non sono realmente interessate, a fare azioni di responsabilità sociale spesso si sentono costrette a simulare questo tipo di comportamento per motivi di immagine e per stare dietro ai trend di mercato.

Cos’è il greenwashing?

Questo fenomeno è comunemente conosciuto con il nome di greenwashing. Ma cos’è il greenwashing? L’Oxford Learner’s Dictionary lo definisce come l’insieme di attività di un’azienda o di un’organizzazione volte a far credere che questa si preoccupi dell’ambiente, anche se in realtà le sue attività di business lo danneggiano. 

A questo proposito, uno studio sicuramente interessante è quello condotto da The Harris Poll, società americana che si occupa di ricerche di mercato e che, in questo caso, ha condotto un sondaggio riguardante le politiche aziendali di sostenibilità negli Stati Uniti. 

I risultati emersi sono descritti in un articolo pubblicato nell’aprile 2022 da Fast Company, rivista economica statunitense. La ricerca è stata condotta intervistando 1.491 dirigenti e amministratori delegati di grosse società. 

Dallo studio emerge che per i leader aziendali la sostenibilità è senza dubbio una priorità (il 93% ha dichiarato di essere propenso a regolare il proprio compenso in base ai risultati ottenuti sul fronte sostenibilità). 

Allo stesso tempo, però, il 65% ha lamentato che, nonostante ci sia da parte loro la volontà di adottare pratiche più sostenibili, non sa come fare progressi concreti, e il 58% ammette che la propria impresa riconosce di essere colpevole di greenwashing. 

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Obiettivo Carbon Neutral

I risultati di questo sondaggio sono comunque in linea con altre ricerche: uno studio dell’organizzazione NewClimate Institute ha analizzato le strategie di sostenibilità di 25 grandi compagnie a livello globale, responsabili complessivamente del 5% delle emissioni di gas a effetto serra in tutto il mondo. 

Dalla ricerca emerge che, nonostante queste società abbiano dichiarato di voler raggiungere l’obiettivo carbon neutral, la maggior parte di loro riuscirà a ridurre le proprie emissioni di solo il 40% entro i limiti temporali prefissati. 

In particolare, soltanto 3 su 25 (Maersk, Vodafone e Deutsche Telekom) hanno intrapreso azioni concrete volte a una decarbonizzazione di oltre il 90% lungo tutta la supply chain, mentre almeno 5 delle società analizzate non riusciranno a ridurre il proprio impatto ambientale di più del 15%. 

Il contesto attuale risulta quindi sicuramente caratterizzato da fenomeni negativi come il greenwashing, ma un problema forse ancora più rilevante è la generale ignoranza riguardo strategie e pratiche concrete volte a guidare le aziende nell’adozione di politiche di CSR

Come possono le imprese fare davvero CSR?

Un buon punto di partenza è sicuramente la piramide della CSR proposta nel 1991 da Archie B. Carroll e ancora oggi considerata un ottimo strumento per capire meglio queste tematiche. 

La piramide è composta da quattro gradini, rappresentanti ognuno una diversa responsabilità del business:

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Nel quotidiano, poi, queste indicazioni si possono tradurre in diverse specifiche politiche aziendali di CSR. 

Quello che conta, comunque, è che alla base della sostenibilità non ci sia esclusivamente il desiderio di apparire, ma piuttosto la genuina volontà di contribuire in maniera attiva a garantire alle prossime generazioni un futuro sostenibile. 

Come si evita di scadere nel greenwashing? 

L’importante è definire, conoscere ed essere sempre consapevoli del “perché” che sta dietro a ogni azione intrapresa, ovvero il purpose

E se questo è vero in generale per qualunque iniziativa intrapresa dall’azienda, lo è ancor più quando si parla di responsabilità sociale

Se non si riesce a dare una chiara e concreta risposta al “perché sto facendo questa azione di CSR?”, allora, probabilmente, si sta facendo greenwashing al puro scopo di ritorno d’immagine o per riflesso incondizionato delle azioni dei competitor. 

Anche l’innovazione, spesso, è vittima di questo trattamento, che la riduce ad azione in trend, implementata per moda più che per reale convinzione.

È proprio per questo motivo che, nel corso degli ultimi anni, abbiamo studiato e proposto una metodologia di innovazione che metta al centro il purpose – come fa l’innovazione sociale -, ma sia anche in grado di sfruttare e fare leva sugli approcci aperti e contaminati dell’Open Innovation. 

Del resto, definire un purpose non significa darsi un vincolo. Certo, il proposito è il discrimine fondamentale che definisce ciò che un’azienda dovrebbe o non dovrebbe fare sulla base del fatto che risponda al proprio “perché”. 

Tuttavia, deve comunque essere sempre recettivo rispetto alle dinamiche di contesto e, se necessario, aggiornato sulla base di esse. Ecco perché bisogna restare sempre “open”.

Ed ecco perché la convergenza – e, dunque, la Coalescence Innovation – è la soluzione per le aziende innovative del futuro.