New Ways of Working
L’introduzione della disciplina sul lavoro agile nell’ambito della legge n. 81/2017 ha favorito una crescente diffusione dello smart working in Italia, particolarmente nelle imprese di grandi dimensioni che hanno in atto progetti formali attraverso cui realizzare efficacemente questo complesso cambiamento organizzativo.
Pur rientrando nel novero dei modelli di lavoro in remoto (es. telelavoro domiciliare, lavoro mobile), lo smart working assume una connotazione specifica, in quanto include la “distanza fisica dall’organizzazione” in un più ampio concetto di flessibilità lavorativa, realizzata promuovendo un cambiamento nei tradizionali spazi di lavoro (la cosiddetta leva “bricks”), negli strumenti e sistemi tecnologici (leva “bytes”), nelle pratiche manageriali e comportamenti dei lavoratori con enfasi sulla fiducia e sull’empowerment delle persone (leva “behaviours”).
Numerose visite condotte in sedi recentemente ristrutturate di società di consulenza, gruppi bancari e assicurativi, nonché in spazi collaborativi realizzati a Milano, Roma e Napoli, hanno evidenziato un cambiamento significativo nel tradizionale layout degli uffici derivante dalla diffusione dello smart working.
Per approfondire lo smart working leggi “The Ultimate Guide to Smart Working“, la guida realizzata da Seedble in collaborazione con noi di Spremute Digitali.
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In tale scenario di riferimento, gli Smart Work Centers (SWCs) esprimono un nuovo concept di ufficio, che intende rispondere alla nuova filosofia del lavoro attraverso una variegata dotazione tecnologica, un innovativo design degli spazi e promuovendo una cultura della collaborazione fisica e virtuale tra le persone.
Smart Work Center Amsterdam
Il workspace design riveste fondamentale importanza nell’introduzione di nuovi modelli di lavoro, dal momento che il layout degli spazi è in grado di influenzare in maniera significativa le attitudini, i comportamenti e la condizione psicologico/emotiva delle persone.
Gli SWCs sono infatti progettati con diverse tipologie di spazi di lavoro. Questi includono open space con specifiche politiche d’uso delle scrivanie, come hot-desking o desk sharing; sale per collaborare con colleghi in prossimità o in remoto sfruttando le tecnologie disponibili (meeting room di diverse dimensioni); aree per la concentrazione (quiet room), comunicazione (call booth) e contemplazione (es. cucina, bar).
Generalmente la gamma di offerta disponibile all’interno degli SWC si estende sino ad includere servizi quali palestre, asili nido, corsi di formazione.
Congiuntamente a specifiche scelte di layout degli spazi e dotazione tecnologica, gli SWCs si caratterizzano per la promozione di una cultura della collaborazione tra le persone, spesso supportata da apposite figure che facilitano le interazioni agendo come trust integrator.
Ciò favorisce un processo di serendipity, cioè di collisione casuale tra lavoratori eterogenei in cui viene bilanciata la prossimità cognitiva delle persone, con la loro diversità in termini di conoscenze, relazioni e valori.
In questo senso, gli SWCs si ispirano ai principi dei coworking space, ma se ne distinguono per il modello di business e categorie di fruitori e, soprattutto, poiché abbracciano una diversa filosofia del lavoro e supportano la collaborazione sia nello spazio fisico che virtuale.
I primi SWCs sono stati realizzati nel 2008 nei Paesi Bassi nell’ambito di un piano di smart city, a cui sono seguite numerose sperimentazioni in diversi paesi tra cui Stati Uniti, Corea e Australia. (Per conoscere le origini dello smart working leggi l’intervista ad Erik Veldhoen, fondatore del concept in Olanda.)
In Italia questo nuovo concept di ufficio è stato adottato in tempi recenti, prevalentemente in imprese di grandi dimensioni nell’ambito di complessi progetti di ristrutturazione organizzativa.
I corporate Smart Work Center sono infatti riservati ai dipendenti di aziende che hanno attuato una riorganizzazione degli spazi di lavoro tradizionali in concomitanza all’introduzione di programmi di smart working, coinvolgendo la direzione delle risorse umane, dell’Information Technology e del patrimonio immobiliare.
Esempi in tal senso sono dati dalle nuove sedi del gruppo bancario e finanziario Unicredit, realizzate nell’ambito di un ampio piano di riprogettazione immobiliare che ha coinvolto 25 città europee allo scopo di consolidare oltre 200 immobili; della nuova sede romana del gruppo bancario BNL BNP Paribas riprogettata in chiave “smart bank”; della nuova sede milanese della società informatica Microsoft finalizzata a promuovere internamente ed esternamente la cultura dello smart working.
Per quanto riguarda i multi-user Smart Work Center che, differentemente dai corporate SWC, si caratterizzano per la duplice categoria di fruitori che possono accedere agli spazi dietro pagamento di canoni periodici, al contrario, ne abbiamo riscontrato un numero limitato.
Infatti, da un lato, sono rivolti in maniera prevalente a dipendenti di organizzazioni private e impiegati del settore pubblico ai quali viene data la possibilità di lavorare in smart working; dall’altro, essi abbracciano lo stesso target di fruitori degli spazi di coworking tra cui liberi professionisti (es. architetti, designer), imprenditori e nuove imprese, anche piccole e micro-imprese (es. start up innovative).
In secondo luogo, questa tipologia di SWC si caratterizza per diversi possibili scenari in termini di soggetti finanziatori e promotori. Al riguardo, i multi-user SWC possono essere realizzati da soggetti privati come fornitori di servizi profit-oriented che offrono ai loro fruitori spazi condivisi e una varietà di servizi (es. web marketing, software house, corsi di formazione).
Un esempio in questo senso è dato da Copernico che “promuove l’ecosistema” tra aziende italiane e corporation internazionali, accanto a startup e mobile worker all’interno dei numerosi hub dislocati nelle città di Milano, Roma, Torino e Venezia.
Smart Work Center in Corea