Corporate Innovation

Ma abbiamo realmente necessità dell'emergenza per rivoluzionarci?

Marianna Antenucci Pubblicato: 21 Aprile 2020

presente del lavoro e delle organizzazioni

Cosa emerge da questa situazione di emergenza? È una domanda che molti si stanno facendo, l’ho posta a Silvia Zanella – manager che si occupa e scrive di futuro del lavoro, attualmente a capo dell’Employer Branding e dell’HR Communications per la società di consulenza EY, Matteo Cocciardo – Co-Founder and CEO di In-recruiting e Luca Tamburrino – docente presso Lacerba.
Con Silvia, Matteo e Luca ci confrontiamo sul presente del lavoro e delle organizzazioni con la finalità di capire cosa la situazione attuale ci sta insegnando per porre le basi per un futuro prossimo meno impreparato.
Ne viene fuori un discorso che sottolinea l’accelerazione dei processi di digitalizzazione e nello stesso tempo un gap da colmare, la necessità di investire in processi di reskilling o upskilling, la non efficacia delle soluzioni organizzative che hanno predominato il ‘900, e l’imprescindibilità delle soft skill.
Su quelli che possono essere i punti di partenza e ri-partenza nel breve e lungo termine lascio la parola a Silvia, Matteo, Luca e alla loro visione

Confrontiamoci sul futuro presente del lavoro e delle organizzazioni

Per Matteo l’insegnamento più grande che questa crisi ci sta mettendo sotto gli occhi è che volere è potere.

Matteo: “L’emergenza ha portato ad agire tutti in maniera concreta, registrando tra l’altro – come conseguenza positiva – una maggiore condivisione degli obiettivi comuni, della solidarietà e un inaspettato investimento in termini di digitalizzazione.
L’attuale situazione di emergenza ha portato le aziende ad accelerare i processi di digitalizzazione e a puntare ulteriormente sulle persone. Tutti quelli che erano i processi su carta si trasformano in digitali, e in un lasso di tempo ristretto ci si è trovati a re-inventarsi
Per alcune realtà ciò significa non solo investimento nella sperimentazione, ma anche in tecnologie e formazione per abilitare le persone all’utilizzo dei nuovi strumenti. Ancora una volta la situazione ci ha imposto di passare all’azione.
È un periodo di trasformazione e transizione, che come tale porta con sé delle incertezze che, se nell’immediato possono rappresentare un rallentamento del lavoro, e di conseguenza un parziale blocco delle assunzioni, dall’altro ci pongono la necessità di ri-pensarci e ri-scoprirci in una veste nuova. 
Figlio di questa situazione è una riforma digitale “costretta” che avvicina e famigliarizza, nel senso che porta persone distanti dal digitale ad adattarsi per necessità  – penso ad esempio alla scuola.
Se è possibile ora perché non lo dovrà essere poi, e perché non lo è stato prima? Ci si rende conto – quindi – che un’altro modo di lavorare è fattibile e questo ci porta a riflettere in maniera concreta sul qui e ora.
Favorire la collaborazione a distanza, ripensare gli spazi, gli ambienti, le dinamiche e le politiche lavorative, diventa necessario e non più prescindibile.
Quello che stiamo vivendo ci sta dando una traccia sulla quale continuare. Alla luce di questo scenario parlare di work life bilance, smart working, soft skill, politiche hr, assume un valore diverso e accresciuto nel significato pratico.”

La situazione di emergenza che stiamo vivendo ci sta indicando la via

Anche per Silvia questo remote working  forzato – perché per ovvie ragioni di smart working non si può parlare

“ci dà evidenza di una serie di aspetti positivi, mostrandoci come, cose che credevamo infattibili in realtà non lo sono, o possono non esserlo.
La situazione attuale ha messo in evidenza insieme alla “non efficacia” delle soluzioni organizzative che hanno predominato il ‘900, la necessità di una leadership diversa, ha fatto scendere dai palchi delle convention e reso concreta l’importanza delle soft skill, messo in evidenza un gap digitale e la mancanza di una vera cultura del cambiamento, offrendo allo stesso tempo l’opportunità per creare e per ri-disegnare le modalità di lavoro.” 

Il futuro è ora e passa dalle Persone.

Continua Silvia: “soluzioni organizzative quali comand and control, basate sull’accentramento delle informazioni, quelle impostate sulle lobby, sulla divisione in silos all’interno delle aziende si scontrano contro una realtà lavorativa necessariamente diversa.
È oggi evidente in maniera chiara come queste modalità organizzative e stili di leadership mal funzionano in un mondo per necessità iper-connesso tecnologicamente, ma disconnesso dal punto di vista fisico.
La situazione ci ha trovati impreparati perché tutta una serie di learning, di cose che si sarebbero potute imparare precedentemente – visto che la tecnologia ce ne dava l’opportunità – di fatto non sono state messe all’opera proprio perché mancava la cultura. È questa a mio avviso la cosa più evidente di cosa non sta funzionando, e nello stesso tempo un’evidenza dalla quale partire concretamente per trovare soluzioni appropriate a gestire il presente – futuro.
Cosa cambia: cambia la percezione delle relazioni all’interno dell’”ufficio”, ed è questo un aspetto sul quale ragionare, in termini di dinamiche, valutazioni, gestione, compresa quella degli spazi e del tempo.
Quelle che prima erano gerarchie molto rigide e prefissate adesso lo sono molto meno perché sono venuti a mancare alcuni meccanismi di controllo tipici del lavoro in presenza. Questo non significa che sono state azzerate le relazioni di potere, ma si sono sviluppate in maniera diversa.
Si assiste all’”imprescindibilità” delle soft skills e a un sovvertimento delle gerarchie classiche. Nel senso che le prime non possono più essere citate solo nei cv e che il secondo sta mettendo in luce un gap digitale, lasciando spazio e dando visibilità a chi in azienda è più avvezzo alla tecnologia – solitamente i più giovani.
presente del lavoro e delle organizzazioni
Queste gerarchie appiattite – le fa da eco Matteo – ci danno l’opportunità di capire meglio che valore portano le persone in termini di benefici all’azienda.
In questa situazione nuova vengono fuori le vere relazioni all’interno dell’azienda, vengono fuori quelli che definisco gate-keeper, letteralmente chi può “aprirti le porte”. Ovvero quelle Persone che pur non coprendo un ruolo centrale nell’organigramma hanno una profonda conoscenza della realtà aziendale, sono in grado di trasferire la conoscenza, e metterti in contatto con le persone giuste.
Vengono fuori degli aspetti sottesi e nuove conformazioni su cui ragionare per ridefinire strategie, ri-pensare agli aspetti organizzativi, valutativi.
Ne esce evidenziata l’importanza delle soft skill e della formazione.
Pensiamo al ruolo di un leader o di un manager. Da oggi rimarranno tali non solo, e non tanto, per il posto che occupano in organigramma, ma perché dimostrano di essere in grado di fronteggiare le situazioni, di avere una corretta visione delle scelte aziendali, mostrano di essere in grado di innescare le strategie giuste e prendere decisioni appropriate.
Il leader è colui che sa scegliere le persone, gestirle e valorizzarle, chi riuscirà a farlo ora sarà accresciuto nella fiducia e nel riconoscimento da parte del team.


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Silvia aggiunge: tra vari aspetti positivi la situazione attuale ha riportato un po’ il focus sulla produttività, su come si misuri e su come possa essere ottenuta ugualmente anche se non siamo fisicamente in ufficio fino a orari assurdi.
Il primo apprendimento grande è una nuova gestione dei tempi e degli spazi – in questo caso estremizzati – ma riconducibili in una situazione normale a una diversa organizzazione dei compiti e a una diversa valutazione delle performance, che è un po’ la base anche dello smart working propriamente detto.
Proprio il sovvertimento delle gerarchie classiche, di cui parlavo prima, ci ha permesso di mettere in campo competenze diverse e far emergere equilibri differenti, sottolineando l’importanza delle soft skill.
Finalmente dopo che per anni abbiamo parlato in tutti i convegni possibili delle soft skills in questa fase diventano fondamentali: o le avevamo o le abbiamo dovute sviluppare.
Nel senso che in questa fase è impensabile prescindere da tutta una serie di azioni: ascoltare le persone, assicurarsi che le comunicazioni avvengano in maniera sensata, interessarsi alle relazioni con l’altro, dimostrare empatia.
Sono tutte qualità determinanti, e saperle mettere nella propria cassetta degli attrezzi di leader, di capo, di responsabile fa la differenza ora, e spero possa farla in maggior misura nel lungo periodo.

L’aspetto tecnologico e il nuovo modo di lavorare

Sull’aspetto tecnologico e sulla “scoperta” di un nuovo modo di lavorare insiste anche Luca: “la maggior parte delle aziende si è trovata a esplorare nuove realtà digitali (ad esempio Zoom), e a rendere possibile una nuova modalità di lavoro. L’attuale situazione sociale è stata l’apripista che ha portato alla vittoria finale delle soluzioni digitali.
Si andrà verso un ripensamento dei vari prodotti, alimentando in questo modo il mondo IT.
Anche se in questo momento sono cresciuti altri settori, devo dire che quello IT continuerà a “predominare”. Da “operai del lavoro digitale” tutti gli addetti ai lavori del settore continueranno a supportare il cambiamento con conseguente impatto in termini lavorativi.
In concreto in questo momento un’azienda dovrebbe: continuare a raccontarsi e differenziarsi attraverso la propria storia di cambiamento, puntare sul valore umano, sulla formazione nonché continuare a mantenere un dialogo attivo con l’interno e all’esterno dell’azienda.
L’aggiornamento digitale è indispensabile e perseguibile attraverso un’attività formativa di reskilling volta alla valorizzazione del valore umano all’interno dell’azienda.
Sfruttare, ad esempio, questo periodo con delle attività e-learning per iniziare a colmare il gap digitale sarebbe il massimo.”

E il settore HR che ruolo avrà?

Luca continua: “È fortemente coinvolto, deve avere la sensibilità per fare da traino a questo nuovo approccio, saper ascoltare – ulteriormente – le proprie persone e saperne orientare le attitudini supportandole.
È necessario non rimanere fermi: ovvero se c’erano dei processi di recruiting attivi sarebbe inopportuno tagliare la relazione con le persone. È ancora la tecnologia che ci può supportare da questo punto di vista, penso ad esempio ad alcuni tool che possono esserci di aiuto a mantenere la relazione con i nostri candidati. Primi tra tutti Loom e Vidyart.
Quindi non abbandonare, ma rafforzare le relazioni, mantenere il focus per benefici – anche in termini di attraction – che daranno il loro risultato nel breve e lungo periodo.

rafforzare le relazioni

Rafforzare le relazioni, mantenere il focus sui benefici e sulle persone


Rimanendo sul riflesso che questo periodo può avere sulle strategia, Silvia sottolinea come il periodo rappresenti una grande opportunità, ovviamente per quell’HR che è disponibile a mettersi in discussione.
Di fatto dipende da che tipo di HR hai, da quanto si limita ad essere controllore ed amministrativo a quanto è portatore di un senso di quello che si fa, dell’organizzazione che si è… L’HR che è disponibile a rimettersi in discussione in questo momento ha un ruolo enorme perché può VERAMENTE ri-disegnare le modalità del lavoro e allo stesso tempo occuparsi di fare uno sviluppo delle persone DAVVERO significativo. Se è votato alla mera execution sarà l’ennesima occasione persa.
Dipende tutto – quindi – da che tipo di HR si era, si voleva essere e si vuole diventare in questa occasione.
L’influenza sulle strategie HR – per Matteo – trae benefici anche dall’accelerazione della digitalizzazione di cui parlavo prima.
Nel senso che ancora una volta dopo anni di conferenze sulla digital transformation, sulla digital HR transformation la situazione ha “imposto” di passare all’azione. Azione che si traduce in ripensare e rivedere i propri processi non solo interni all’azienda, ma anche verso l’esterno. Penso alla parte di on-boarding e alla gestione dei candidati.
La gestione del personale, inoltre, non potrà non prendere in considerazione due tematiche: la salute e la sicurezza personale. Saranno due temi fondamentali sia nel rapporto tra lavoratore e azienda, sia in fase di contrattazione economica.
Si darà ulteriore peso all’aspetto dei benefit, del welfare, e di quelli che possono essere i piani assicurativi (salute, famiglia), che potrebbero essere sempre più richiesti o proposti dall’azienda per essere vicini alle persone.