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Cara Gaia, siamo giunte alla quinta tappa di questo nostro percorso di coaching condiviso con la rete. E oggi, come augurio di buona estate per i nostri lettori, vorrei esplorare con te il tema della pausa nel suo profondo significato di “fare i conti con se stessi” e, allo stesso tempo, vorrei parlare della leggerezza.
Parto da una provocazione che ci è stata rivolta da un lettore in risposta al nostro ultimo articolo:
Oggi ci poniamo troppe domande, così tante che ne immaginiamo sempre di nuove… Magari farsi meno domande e pensare che ora siamo vivi e possiamo vivere è già un buon inizio.
A. La leggerezza è una postura esistenziale, dove non c’è attaccamento ai risultati. C’è l’impegno, la dedizione, l’amore con cui mi avvicino al fare e c’è, allo stesso tempo, la profonda consapevolezza che milioni di interconnessioni nell’esistente fanno sì che io possa decidere di orientare il mio intento ed avere fede, cioè fiducia nella vita, ma non necessariamente determinare l’esito del mio agire. Da qui scaturisce la sorgente della leggerezza.
A. È difficile aggiungere qualcosa di evocativo. Mentre rileggevo le potenti parole – che puoi trovare alla fine di questo articolo – si affacciava alla mia mente una frase del monaco Thich Nhat Hanh:
“Siamo già ciò che vogliamo diventare” che a mio parere sintetizza la potenza dell’essere e l’inutilità di affannarsi; agire è fantastico ma ascoltare in profondità è altrettanto importante. Solo facendo spazio e dilatando il tempo, potremo udire la voce interiore che ci sussurra la strada giusta per noi, quella strada che è sempre stata lì.
A. I pensieri e le parole possiedono una straordinaria forza creatrice e perturbatrice. Un pensiero costruttivo e generoso può portare luce e benessere, un pensiero e una parola negativa possono generare avversione, conflitti e paure, troppi pensieri possono produrre confusione e disorientamento.
Ecco perché dobbiamo essere molto consapevoli della potenza di pensieri e parole nel generare mondi, di conseguenza maneggiarli con cura e talvolta riporli nel cassetto. L’arte di governare l’intento appartiene a noi, le conseguenze non necessariamente.
A. La pausa ha un grande valore, se butto un sasso in uno stagno e poi un altro e un altro ancora, l’acqua diventa torbida e non vedo più nulla, ma se aspetto che i sedimenti scendano sul fondo l’acqua ritornerà limpida e perché questo accada occorrono: tempo, pazienza e soprattutto occorre saper “stare”.
Questa pausa poi sarà molto preziosa e richiederà estrema presenza e consapevolezza perché presenta l’inedita natura di un intermezzo tra due mondi, tra un prima noto e uno scenario futuro che contiene molte più preoccupazioni ed incertezze rispetto al recente passato.
A. La domanda delle domande è “Chi sono?”, ma è forse anche la più impalpabile, quello che conta è continuare a porsela con estrema disciplina, la risposta arriverà.
A. Praticare la presenza è possibile ovunque, basta stare in ascolto profondo. Nella presenza e in piena consapevolezza hai la possibilità di accorgerti di ciò che ti serve davvero per stare bene, per essere felice e potrai sorprenderti nello scoprire di quante poche cose hai davvero bisogno per stare bene, uscendo così dalla trappola dei desideri incessanti.
Ecco che allora riuscirai a lasciar andare e a fare spazio e quando avrai fatto spazio il futuro emergente potrà entrare nella tua vita e stupirti.
Grazie Gaia! Oggi chiudo con due pensieri:
– “The quality of your life is a function of the quality of questions you ask yourself”;
– una citazione di Italo Calvino: “Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.”
Buone Vacanze!
Sì, davvero Buone Vacanze a tutti e un augurio sincero di lasciar andare per non avere macigni sul cuore!
Qui puoi leggere un estratto del libro “Il gusto di essere felici”:
“Se chiediamo a più persone di raccontarci le loro esperienze di felicità perfetta, qualcuno ci parlerà dei momenti di pace profonda provati in un ambiente naturale armonioso, come in una foresta dentro cui filtrano i raggi del sole o sulla cima di una montagna attorno alla quale si dispiega un vasto orizzonte, sulle rive di un lago tranquillo o nel corso di una marcia notturna sulla neve, sotto un cielo stellato.
Altri parleranno di un avvenimento lungamente atteso: un esame superato, un trionfo sportivo, l’incontro con una persona che si sperava di conoscere da una vita intera, la nascita di un figlio. E ci sarà anche chi ricorderà un momento di serena intimità vissuta in famiglia o in compagnia di una persona cara, o il fatto d’aver reso felice un altro essere umano.
Il denominatore comune di tutte queste esperienze, fertili ma fugaci, sembra essere la temporanea scomparsa di ogni conflitto interiore. L’individuo si sente in armonia con il mondo che lo circonda e con se stesso.
Chiunque viva un’esperienza come, per esempio, fare un’escursione tra la neve, si accorge che i punti di riferimento abituali svaniscono: oltre l’atto stesso del camminare non ci si aspetta nulla di preciso, limitandosi a essere, qui e ora, liberi e aperti. Per qualche istante, i pensieri che riguardano il passato smettono di manifestarsi, la mente è sgombra da qualsiasi progetto per il futuro, e il momento presente non è più assillato dalle costruzioni mentali. Questa breve tregua è un’esperienza di profonda pace.
Chi invece ha raggiunto lo scopo che si era prefissato, completando un’opera o ottenendo una vittoria, vede cessare una preoccupazione che si trascinava da tempo. L’esperienza che ne deriva, la sensazione di mollare la presa, è una pace profonda, libera da aspettative e conflitti. Si tratta però di una schiarita effimera perché provocata da circostanze particolari.
È il cosiddetto «momento magico», o «stato di grazia». Ma la differenza tra questi attimi di felicità colti al volo e la serenità imperturbabile del saggio è smisurata come quella che separa la porzione di cielo intravista attraverso la cruna d’un ago e la distesa illimitata dello spazio. Queste due condizioni non possiedono né la stessa dimensione, né la stessa durata o la stessa profondità. È tuttavia possibile trarre profitto anche da simili istanti fugaci, momenti di tregua nel nostro incessante lottare, perché ci danno perlomeno un’idea di ciò che potrebbe essere l’autentica pienezza dell’essere e ci spingono a indagare sulle condizioni che potrebbero favorirla.”