New Ways of Working

Polverizzazione del lavoro: outsourcing e smart working

Juan Diego Turatti Pubblicato: 28 Luglio 2020

outsourcing e smart working

Delocalizzazione, outsourcing e smart working: tre concetti controversi, odiati, amati, studiati e il più delle volte incompresi. Da dove vengono, come li stiamo usando, dove ci stanno conducendo?

Smart working: la più recente riga di una lunga storia 

Il ‘900 è stato il secolo delle fabbriche: luoghi di lavoro e aggregazione, cuore pulsante della società e del suo neo-formato modello capitalistico. Caratteristica peculiare del lavoro industriale era il riunire più persone sotto lo stesso tetto al fine di produrre insieme, contemporaneamente o in catena di assemblaggio.
Ad oggi, come allora, sappiamo che questa non è l’unica via, e l’avvento di nuove tecnologie e modalità organizzative hanno dato origine a fenomeni consolidati come l’outsourcing, il lavoro da remoto e lo smart working.
Cosa è lo smart working, e come si sta declinando nel tempo, puoi esaurientemente scoprirlo nella sezione dedicata allo smart working su Spremute Digitali, quello di cui invece parliamo in questo articolo è come questo metodo o filosofia di lavoro, stia facendo parte di un cambio di prospettiva.

Il nuovo paradigma: la polverizzazione del lavoro

Le nuove generazioni hanno a disposizione un modo del tutto inedito rispetto al passato, un contesto lavorativo altamente flessibile e rinnovato. Nuove tecnologie hanno portato alla possibilità di connettersi in modo sempre più specifico e preciso con persone che possiedono le determinate competenze di cui si ha bisogno, nonostante questo individuo possa vivere letteralmente dall’altra parte del mondo.
Non di recente si sono sviluppate piattaforme di vario genere che permettono di offrire e cercare determinate figure professionali che svolgano dei task specificatamente richiesti.
Questa pratica di appalto da remoto, cominciata all’estero e pian piano entrata nelle meccaniche dell’impresa italiana, è la specializzazione dell’outsourcing.
Da sempre, dati possibili vantaggi economici e carenze di know how, sono esternalizzate determinate produzioni. Negli ultimi anni ci si è resi conto di quanto anche le piccole task possano sottostare allo stesso processo. Pensiamo solo alla più grande compagnia di taxi, la quale non ne possiede nemmeno uno (Uber), oppure al più grande fornitore di case e camere, che non ha nemmeno un immobile (Airbnb).
Quando parliamo di polverizzazione del lavoro stiamo dunque approcciando ad un modo di lavorare basato sulla netta semplificazione e divisione delle task lavorative che possono essere facilmente delegate e svolte in modo asincrono, non necessariamente nello stesso luogo e soprattutto in modo indipendente, ma non scollegato.
La polverizzazione funziona in quanto nuovi mezzi di comunicazione e processi di feedbacks permettono di mantenere alta la qualità del lavoro svolto. Eliminando fattori temporali e spaziali si raggiungono inoltre soggetti specializzati nei task richiesti, aumentando l’efficienza e il risultato.

Polverizzare il lavoro è sempre una strategia vincente in Italia?

Più volte il panorama imprenditoriale italiano, formato da micro-imprese, ha sviluppato soluzioni lavorative che permettessero al singolo micro-imprenditore di continuare la sua libera produzione individuale, rispondendo anche ad un accessibile, quanto regolare impegno di fornitura.
Similmente grandi imprese hanno da sempre proceduto alla produzione delocalizzata di determinati oggetti e servizi (pensiamo ai call centers). Questo modello oggi è stato più che mai semplificato dalle nuove tecnologie.
Allo stesso modo per piccole realtà, come startup, che non possiedono un grande ventaglio di competenze, la possibilità di ingaggiare un soggetto esterno per eseguire una determinata e singola task necessaria ai fini del gruppo, riduce ampiamente le spese e aumenta l’efficienza del tutto.
In più queste opportunità puntuali di conoscere nuovi partner per breve tempo, permette di creare sinergie durature, o di sperimentare rapidamente più candidati in modo poco dispendioso e altamente funzionale.

Polverizzare il lavoro, smart working e outsourcing richiedono consapevolezza e fiducia

Che si tratti di affidare la produzione di alcune infografiche, richiedere uno stock di 1000 pezzi ad una fabbrica o di affidare task ad un proprio dipendente, tutto ciò richiede la fiducia di coloro che imbracciano tali strategie.
Non fiducia immotivata ed irrazionale, ma capacità di lasciare spazio ad altri soggetti di fare quello che più sanno fare meglio. In sostanza, citando Riccardo Malaspina nel suo recente articolo sullo smart working rispetto alle PA:

Non si può abbracciare una differente produzione senza abbracciarne anche la cultura.

La cultura della polverizzazione si basa sulla fiducia, reciproca fra datore e lavoratore, ma anche sulla capacità di affidare ad una persona (per ora, e non sempre) lo svolgimento di una task in cui è altamente specializzata.


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