Startup & Entrepreneurship

Open Innovation: di cosa parliamo?

Alfredo Valentino Pubblicato: 23 Gennaio 2017

open innovation

Oggi tutti parlano di Open Innovation. C’è una frenetica corsa da parte delle imprese principalmente di grandi dimensioni ad implementarla all’interno dei loro modelli di business. Frenesia che si ripercuote in un utilizzo sempre più frequente del termine (a volte abusato) in articoli, post, forum e discussioni.
Non si tratta di un modello nuovo ma semplicemente di un riadattamento di qualcosa già noto in letteratura dagli inizi del ventunesimo secolo, fortemente rivitalizzato dal connubio grande impresa-startup.
Ma cosa significa realmente open innovation? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza su questo termine sempre più diffuso e di capire chi sono realmente i soggetti interessati.

Cos’è realmente l’Open Innovation

Open Innovation tradotto letteralmente significa “innovazione aperta”. Si tratta di un paradigma che permette alle imprese di essere più competitive, flessibili ed innovative. È un modello di innovazione che prevede l’apertura dell’impresa all’esterno per poter attingere strumenti e competenze tecniche principalmente da startup, università, centri di ricerca, e fornitori.
Il termine è stato coniato da Henry Chesbrough nel suo saggio “The era of open innovation” (2003), dove si riflette sugli effetti della globalizzazione, sul ciclo di vita dei prodotti e sui sempre più alti costi di ricerca e sviluppo per le imprese. L’apertura dei mercati, l’abolizione dei dazi doganali e la possibilità di essere presenti contemporaneamente in più Paesi, hanno reso inefficaci e altamente costosi i consolidati modelli della closed innovation, dove la ricerca e sviluppo era affidata esclusivamente ad unità strategiche di business interne alle aziende.
Dopo un’iniziale reticenza e forti timori nel perdere la “proprietà” sulle invenzioni, le imprese hanno compreso l’importanza e la necessità di collaborare con soggetti esterni attraverso outsourcing e/o partnership strategiche. Inoltre, ci si è resi conto di come sia anacronistico poter racchiudere l’innovazione solo ed esclusivamente nei confini aziendali in un’era caratterizzata da iper-competizione, da conoscenze e talenti che si muovono ad alta velocità e dalle affermazioni di modelli di business sempre più distruptive.
Oggi, la forte diffusione delle startup nei contesti competitivi ha offerto nuovo terreno fertile per l’implementazione di modelli di open innovation all’interno delle imprese. Le startup per il loro elevato contenuto tecnico, innovativo e digitale sono i partner ideali per le imprese di maggiori dimensioni. Sono in grado di poter offrire non solo know how specializzato e soluzioni uniche a problemi reali ma anche quella flessibilità tanto ricercata dalle grandi imprese sia in termini di visione aperta del business sia di efficienza.
Non essere in grado di percepire questi cambiamenti e di assorbire queste nuove conoscenze attraverso la collaborazione con le startup, potrebbe determinare delle forti ripercussioni negative sul business.
Inoltre, secondo il rapporto “Harnessing the Power of Entrepreneurs to Open Innovationdi Accenturestimolare la collaborazione tra imprese e startup può generare nel mondo una crescita di circa 1,5 trilioni di dollari (siamo a circa il 2,2% in più del PIL mondiale) ed in Italia un aumento di 35 miliardi di Euro (pari ad un più 1,9% sul nostro PIL).

Ma come funziona il modello Open Innovation?

Il modello dell’open innovation prevede che l’impresa acceda all’innovazione offerta dalla startup, metabolizzandola ed adattandola al proprio modello di business. Di contro, attraverso questa partnership la startup riceve supporto morale (qualcuno che crede in lei), un terreno fertile per testare la propria innovazione e anche risorse economico-finanziarie, così da ridurre fortemente i tempi di go-to-market. Beh… una partnership definita in gergo economico win-win, dove entrambi i soggetti coinvolti creano valore reciproco.
A parole sembra tutto bellissimo, ma il vero problema è realizzarlo praticamente. Inizialmente, c’è da vincere la reticenza culturale, anche se questo problema fortunatamente sta passando sempre più in secondo piano. Essere innovativi è una necessità per le aziende e poterlo essere in maniera flessibile e disruptive, è sicuramente il modo migliore.
Poi, c’è da identificare le modalità concrete. Andiamo ad analizzarle insieme:

 
Grande impresa e startup possono e devono lavorare insieme. Devono collaborare, perché nell’era della digitalizzazione le imprese di grandi dimensioni devono mettersi in discussione, devono ripensare al loro modello di business, alla loro offerta e attraverso la visione aperta ed innovativa delle startup questo può essere possibile!
 
Vuoi sviluppare un modello di Open Innovation? Contattami e ne parliamo insieme.