Corporate Innovation

Internazionalizzarsi: un imperativo per le PMI italiane

Alfredo Valentino Pubblicato: 21 Dicembre 2015

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Nell’immaginario collettivo il termine internazionalizzazione è associato alle imprese di medio-grandi dimensioni, che attraverso un bagaglio ampio e variegato di risorse e competenze riescono ad estendersi al di fuori del proprio mercato domestico. È spesso il risultato di una decisione accuratamente pianificata ex-ante e richiede attente valutazioni e analisi. Oggi, però, le forti pressioni ambientali legate principalmente alla globalizzazione degli scambi e all’integrazione dei mercati hanno conferito al termine sfaccettature differenti, che vanno ben oltre quella classica di sola strategia di crescita. La competizione è diventata internazionale. I competitors sono cresciuti in numero e caratterizzati da vantaggi di costo e differenziazioni difficilmente contrastabili (basti pensare all’aggressiva competizione posta in essere dalle imprese cinesi, fortemente focalizzate su strategie di costo).
Internazionalizzarsi è, quindi, diventato un imperativo per tutte le imprese, indipendentemente dalla loro dimensione, per tutelare le proprie quote di mercato e per poter sopravvivere all’interno di mercati sempre più dinamici e saturi.
Gli imprenditori italiani (con cui lavoro a stretto contatto su questi temi) hanno piena consapevolezza di come l’internazionalizzazione possa essere per le loro imprese un ingrediente fondamentale e indispensabile per la loro crescita e per non essere cannibalizzate da competitors nazionali o esteri che operano nel mercato italiano. Mentre prima andare all’estero era semplicemente un sogno, a volte irrealizzabile, oggi è una necessità soprattutto per le PMI (piccole e medie imprese). Nonostante questo, vi è difficoltà a tramutare la consapevolezza in azione. Il numero di PMI italiane internazionalizzate è ancora molto basso e crescenti sono i casi di insuccesso. Eppure il Made in Italy è apprezzato in tutto il mondo. Come mai questo dato poco confortante? Parlando direttamente con le PMI, si avverte:

Ovviamente, il peso di tali problematiche è differente a secondo della modalità di internazionalizzazione scelta. Sarà in parte minore se l’impresa decide di vendere direttamente o indirettamente all’estero (export) e maggiore in caso voglia realizzare un investimento diretto (creare un’unità produttiva e/o di vendita all’estero).
C’è bisogno di darsi una mossa. Le nostre PMI devono iniziare a trasformare quella consapevolezza in azione. Bisogna affrontare e vincere la sfida all’internazionalizzazione. Lo so che operare nel proprio mercato domestico può essere considerato più facile e sicuro. Lo conosciamo e in caso contrario possiamo reperire velocemente tutte le informazioni necessarie (parliamo la stessa lingua). Ma significherebbe soltanto rimandare una decisione necessaria o addirittura, e cosa ancor più negativa, aumentare le possibilità di fallimento.
La domanda da un milione di Euro che spesso mi viene posta dagli imprenditori è: Cosa devo fare per internazionalizzarmi? Beh, non vi è una risposta univoca e sarebbe anche un po’ riduttivo sintetizzarla in un articolo. Ecco 4 consigli da seguire, almeno per iniziare:

1. Sviluppare una strategia di medio/lungo termine.

Le PMI devono iniziare a pensare in modo strategico. Andare all’estero richiede un’attenta e accurata pianificazione e un posizionamento sullo specifico mercato, evitando il “mordi e fuggi”. Questo nella maggior parte dei casi richiede un management adeguato e strutturato. C’è bisogno di andare oltre i luoghi comuni dell’imprenditoria italiana. È finito il tempo de “l’imprenditore fa tutto e prende tutte le decisioni”, “l’imprenditore accentratore”. Bisogna iniziare a creare internamente una struttura organizzativa con ruoli e responsabilità bene definite.

2. Conoscere il proprio portafoglio prodotti e le proprie potenzialità.

Per implementare progetti di internazionalizzazione c’è bisogno prima di conoscere se stessi. Siamo sicuri che i nostri prodotti siano idonei per i mercati globali? Oppure hanno bisogno di accorgimenti per meglio rispondere alle necessità dei singoli consumatori esteri? Siamo in grado di differenziare e/o adattare il nostro prodotto? Meglio standardizzare o adattare?

3. Capire i mercati e conoscere quelli dove voler entrare.

Spesso gli imprenditori prendono decisioni di impulso, a sensazione. Andare all’estero richiede, invece, un’approfondita ricerca di informazioni su usi, costumi, cultura, comportamenti, esigenze, bisogni dei consumatori nei Paesi target. Sicuramente, questo problema può essere inizialmente risolto rivolgendoci a mercati simili al nostro. Oppure c’è bisogno di creare relazioni con partner locali, soprattutto per entrare in mercati extra-europei, che poi sono quelli a maggior crescita in questi periodi (Sud America o Oriente).

4. Aggregarsi è indispensabile.

Le PMI devono iniziare a considerare il proprio vicino come un potenziale alleato e non sempre come un nemico. Per rispondere alla sfida internazionale c’è bisogno di massa critica e di sviluppare un’azione commerciale solida, continua e capillare. Come fare? Semplice, attraverso collaborazioni, partnership o la creazione di reti di impresa (verticali o anche orizzontali). Mettere insieme competenze, risorse, prodotti ci può permettere di andare all’estero con un’offerta più forte ed aggressiva.
Lo so che questi consigli da soli non bastano, ma è fondamentale creare sempre più consapevolezza su come l’internazionalizzazione sia una necessità e una sfida da vincere. È un punto di partenza. Dall’oggi al domani non si diventa internazionali ma è necessario intraprendere questo percorso. Forza imprenditori! Non fatevi spaventare… il percorso è lungo ma non impossibile! Abbiamo tutti gli ingredienti per poter iniziare a pensare internazionale…. Basta solo combinarli nella maniera più appropriata!