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Intelligenza Artificiale e Intelligenza Naturale, quali sono i limiti

Redazione Spremute Digitali Pubblicato: 9 Agosto 2021

Intelligenza Artificiale

Per decenni, gli scienziati hanno cercato di creare imitazioni “sintetiche” del cervello umano. Eppure la costruzione di un super-computer capace di pensare e agire come gli esseri umani è ancora molto lontana. 

Perché continuiamo a replicare alcuni aspetti dell’intelligenza ma non riusciamo a creare le abilità che contraddistinguono l’uomo o gli animali? 

Secondo alcuni esperti sembra che per superare gli ostacoli dell’AI “ristretta”, dobbiamo “semplicemente” guardare da una prospettiva diversa. La teoria che viene alla luce è quella della “risposta ponderata”, che può essere associata a tutte le  forme di vita intelligente che si sono evolute e hanno prosperato sul nostro pianeta.

Strutture e fenomeni

Le strutture della materia che compone tutto nell’universo risponde a tutta una serie di sollecitazioni e cambiamenti, derivanti dall’ambiente e dal tempo.

Le molecole di ghiaccio, ad esempio, diventano liquide in risposta al calore; le dune di sabbia si formano in risposta al vento e via dicendo.

Secondo gli scienziati il mondo naturale comprende una varietà di organismi che rispondono al loro ambiente. Queste risposte possono essere viste in cose semplici come i meccanismi di sopravvivenza dei batteri o come fenomeni più complessi come il comportamento collettivo delle api o nell’intelligenza degli umani.

Visti in questo modo, i processi vitali, dell’intelligenza biologica si verificano esclusivamente come risultato di strutture fisiche sottostanti. La vita che interagisce con l’ambiente e con altri organismi è ciò che deriva da tali strutture e da come si risponde a determinati fenomeni.

L’intelligenza Artificiale è la risposta?

Negli oggetti inanimati, le strutture e i fenomeni non sono esplicitamente progettati. Al contrario, i processi vitali si basano su strutture che considerano e producono fenomeni di risposta.

L’intelligenza è un fenomeno biologico legato all’adattamento evolutivo, inteso ad aiutare un agente a sopravvivere e riprodursi nel suo ambiente interagendo con esso in modo appropriato. Possiamo parlare di una risposta ponderata

Proprio per questo i problemi con l’intelligenza artificiale nascono dal fatto che si tratta di calcoli digitali, che non hanno analogie nel mondo naturale. Questi però non fanno parte dei “sistemi” dell’intelligenza naturale e restano, nonostante tutto, artificiali.

Non c’è dubbio che il calcolo digitale dell’intelligenza abbia prodotto risultati impressionanti. Ma nonostante la somiglianza dei loro risultati restano essenzialmente differenti da ciò che fa realmente il cervello umano.

E se l’intelligenza fosse uno svantaggio?

Simulare la complessità dell’intelligenza umana è una cosa insostenibile. Non è solo questione di “calcoli” o di decisioni, in mezzo c’è molto altro che dipende dall’emotività, dai cambiamenti, dalle sensazioni e via dicendo. Una macchina resterà (almeno per il momento) sempre una macchina e non può assolutamente simulare l’umanità e tutto ciò che ne deriva. 

Lo svantaggio sta proprio nel fatto che l’intelligenza umana è dettata da una serie infinita di fattori e differisce da persona a persona. Non ci sono due intelligenze uguali ma ognuna è particolare alla propria maniera. Per questo insegnare a un computer ad essere umano potrebbe non essere la cosa più immediata del mondo.

Intelligenza artificiale incarnata

L’intelligenza artificiale tende a separare il comparto hardware e il modo con cui interagisce col mondo reale. Ad esempio i modelli di deep learning possono essere addestrati su milioni di immagini per rilevare e classificare gli oggetti. Parliamo di immagini prese dal mondo reale ed elaborate da un computer che, però, non vengono sperimentate direttamente.

Per questo secondo gli scienziati per arrivare a una nuova intelligenza quanto più simile a quella umana, ci dovrebbe essere bisogno di esperienze dirette col mondo. Questo potrebbe dare alle macchine un apprendimento più naturale e una maggiore cognizione di sé e di ciò che le circonda.

Le intelligenze artificiali seguono schemi predefiniti; quelle umane vanno verso altre direzioni più “casuali”, se vogliamo, e in continua evoluzione. È questa una delle maggiori difficoltà per gli scienziati: riuscire a far pensare le macchine fuori dagli schemi.

Per molti l’AI è una sorta di umano senza corpo destinato a essere una specie di “zombie”, privo di una genuina comprensione del mondo compresi i suoi abitanti umani, le loro motivazioni, abitudini, costumi, comportamenti, ecc. 

Di conseguenza, un sistema del genere avrebbe bisogno di un corpo che corrisponda al suo cervello, ed entrambi devono essere progettati per il tipo specifico di ambiente in cui lavoreranno. L’uomo interagisce col corpo e con la mente con gli ambienti che lo circondano, per questo di parla di esperienza diretta e dell’attuale impossibilità di replicarla in maniera “sintetica”.