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Come imparare dal fallimento delle FAANG?

Gianmarco Monaco Pubblicato: 11 Febbraio 2022

imparare dal fallimento delle faang

Il fallimento è qualcosa che nel mondo del business viene costantemente proposto come valore negativo. Molto spesso – succede quotidianamente – errori importanti attribuibili a personaggi o ad aziende note, vengono riproposti all’infinito con l’obiettivo di screditare quella persona o quella società. Succede spesso in Italia, dove ancora registriamo una forte resistenza all’accettazione del fallimento come sola e unica chiave di progresso delle persone e delle organizzazioni.

Prendiamo ad esempio i FAANG, per chi non lo sapesse con l’acronimo FAANG ci si riferisce a Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google – quest’ultima si chiamerebbe in realtà Alphabet (è il nome che ha preso la holding qualche mese fa), ma nell’acronimo ha mantenuto il suo nome più celebre. 

Tutte queste aziende nei loro primi anni di vita hanno inanellato una serie di fallimenti da far “invidia” a chiunque. In Italia, molto probabilmente, nessuna di loro sarebbe ancora in piedi ed è altrettanto certo che nessuna di loro sarebbe diventata il punto di riferimento che è oggi.

Imparare a fallire dalle FAANG. Dietro al fallimento può nascondersi il successo

Ebbene sì, anche i grandi colossi hanno fallito, e non una volta sola. Vediamo di analizzare cosa ha insegnato loro il fallimento e quale valore ha dato alle idee successive, di successo.

Come imparare dai fallimenti di Jeff Bezos e Amazon

Jeff Bezos è probabilmente un habituè dei fallimenti. Quando Amazon era solo un cupo garage della sua abitazione ha dovuto sopportare le porte in faccia di chi pensava che la sua creatura fosse un’idea pronta a decadere nel giro di pochi anni. Ma non solo, anche negli ultimi anni il re del commercio online ha dovuto fronteggiare diversi fallimenti, eccone alcuni:

La stessa sorte che è toccata a Endless.com, il fashion retailer chiuso nel 2012. Per non parlare del Firephone, lo smartphone di Amazon annunciato nel 2014, finito fuori produzione poco tempo dopo.

imparare dai fallimenti di jeff bezos amazon.com
Jeff Bezos mentre lavora ad Amazon.com

Imparare a fallire dalle FAANG: Mark Zuckerberg e Facebook

Anche Mark Zuckerberg non è esente da brutti momenti: i litigi con i suoi soci principali gli sono costati milioni di dollari, fin dalla giovinezza dove più volte rischiò di essere espulso da Harvard per la sua condotta al limite delle regole. Ed è proprio qui che nasce l’idea di Facebook, inizialmente un programma chiamato inizialmente Facemash che consentiva agli studenti di stabilire, scegliendo tra diverse foto, la persona più bella. 

Il sito ebbe talmente tanto successo che l’Università lo bloccò perché la sua popolarità aveva sovraccaricato la rete di Harvard e impediva agli studenti di accedere a internet. Un’ammonizione dura all’epoca, che però lo portò a creare il più grande social network mai esistito nel mondo.

Da CEO di Facebook invece, un altro fallimento fu il cosiddetto poke, quando nel tentativo di rincorrere il successo di Snapchat creò una funzione interna al social network che consentiva di mandare messaggi che si distruggevano non appena venivano letti, senza lasciare traccia nemmeno sul server di Facebook stesso; ad oggi la funzione è stata rimossa perché non raggiunse i risultati sperati.

Mark Zuckerberg ad Harvard
Mark Zuckerberg ad Harvard.

I fallimenti di Google

Anche Google ha una lista infinita di fallimenti: Allo, app creata per permettere agli utenti di scambiarsi file di grandi dimensioni, Google Plus decollato nei primi anni di vita grazie all’associazione di tutti gli account gmail, ma crollato nel 2018 per problemi di usabilità e privacy.

Esiste addirittura un sito, chiamato Killed by Google, che ha tenuto traccia di tutto ciò che è stato cancellato dal colosso del web. La scia di applicazioni, progetti, startup, software e hardware “uccisi” da Google è immensa e il sito attualmente censisce 162 casi.

Larry Page e Sergey Brin - i fondatori di Google
Larry Page e Sergey Brin – i fondatori di Google.

Apple e il fallimento perché troppo avanti per il mercato

Anche la più grande azienda tech mai esistita ha avuto i suoi fallimenti: dalla macchina fotografica Quik Take, ritirata dal mercato nel 1997 appena Steve Jobs fece ritorno in azienda.

Il Newton Message Pad, un palmare uscito nel 97, molto all’avanguardia per l’epoca, ma che purtroppo non venne capito dal grande pubblico e portò ingenti perdite a tutto l’apparato di Cupertino.

Macintosh tv, la Power Macintosh Cube, altri due buchi nell’acqua di Apple, sospesi dal mercato in pochissimi anni.

Uno degli ultimi fallimenti più famosi di Apple si chiama Ping, un social network basato sulla musica, lanciato nel 2010 con l’intenzione di farlo diventare un portale in grado di unire artisti e fan, rendendo possibile la scoperta dei brani ascoltati dai propri amici.

La fase iniziale è andata alla grande: durante le prime 48 ore Ping ha raggiunto un milione di iscritti, un terzo degli utenti di iTunes del tempo. In breve, però, l’interesse è scemato. Poche persone, pochi artisti e, soprattutto, un metodo di fruizione antiquato: per accedervi era necessario possedere e utilizzare iTunes.

Spotify raggiunse il successo con lo stesso modello, ma integrando al posto di iTunes lo streaming.

Steve Jobs
Steve Jobs

Netflix e la cultura del fallimento

Netflix è una delle aziende più note quando si parla di cultura del fallimento. La responsabilizzazione dei dipendenti porta ad avere in azienda un alto tasso di insuccesso. Il motivo? Testare è fondamentale per Hastings e soci, nessuno ha la “sfera magica “e nessuno può prevedere cosa accadrà in futuro. Per questo, come leader nel settore dello streaming video, Netflix è una realtà che può permettersi di fare molti test in modo da scongiurare qualsiasi pericolo in vista.

Nel 2019, anche se l’azienda stava riscuotendo un successo senza precedenti con i suoi abbonati, il CEO di Netflix Reed Hastings iniziò a rimproverarsi di ottenere “troppo successo” e di avere show che facevano troppa audience. 

Il nostro tasso di successo è troppo alto in questo momento” – ha detto in una conferenza. “Dobbiamo correre più rischi”. 

Uno dei fallimenti più importanti è avvenuto forse due anni fa quando gli show prodotti dal colosso dello streaming hanno cominciato a diminuire: troppe spese per le produzioni, meno abbonati e troppi guadagni.

… per provare cose più folli … dovremmo avere un tasso di disiscrizione complessivo più alto

Netflix è una delle aziende più note quando si parla di cultura del fallimento.
Secondo Netflix per rendere l’azienda un’organizzazione di successo basta un ingrediente magico: il benessere delle persone. 

Cosa insegnano i fallimenti delle più grandi company del mondo?

Una delle cose più ovvie che emerge da questo racconto riguarda il filo conduttore che lega i fallimenti di tutte le FAANG: tutte quante hanno provato a rincorrere il mercato, il trend del momento, perdendo la propria identità e i propri valori, per questo hanno fallito.

Lo ha fatto Amazon con il Firephone nell’epoca degli smartphone, Google+ nell’epoca dei social network e anche Facebook e Apple; lo stesso vale per Netflix con il calo degli abbonati. Tutte quante però hanno saputo rialzarsi concentrandosi meglio sulla validazione dei propri prodotti che, in molti casi, hanno fallito la resa sul mercato non perché non fossero validi, ma forse perché anticipavano troppo la domanda di consumo. 

Pensiamo a Ping, padre naturale di Spotify, o sempre per quanto riguarda Apple al palmare Newton, una fusione tra uno smartphone e un palmare nel 97. Molto spesso la voglia di fare e di anticipare i tempi ci porta a non fare i conti con la realtà circostante, per questo le migliori aziende sono quelle che fondono lo sprint verso il futuro ad un forte radicamento nel presente e a ciò che serve davvero alle persone in quel preciso momento storico.

Perché i fallimenti più importanti possono avvenire per mancanza di innovazione, ma anche per un eccesso di innovatività che travolge i consumatori invece di conquistarli. Il fallimento traccia la strada per le aziende che sono in grado di trarne i benefici, chi si concentra solo sui suoi aspetti negativi perderà inevitabilmente il treno del progresso.