Corporate Innovation, Startup & Entrepreneurship

Come misurare la maturità di un prodotto: guida per investitori e founder nella fase di lancio – parte 2

Redazione Spremute Digitali Pubblicato: 7 Settembre 2020

misurare la maturità di un prodotto

Gli investitori interessati a startup in early stage e gli stessi founder di startup spesso usano un’euristica qualitativa e soggettiva per valutare la maturità del prodotto di una startup. Queste euristiche possono essere raccolte in tre categorie: persone, prodotto e mercato.
Tuttavia, date le tante incognite intrinseche, tale valutazione potrebbe rapidamente diventare obsoleta.
Una valutazione che tenga conto dei progressi di apprendimento di una startup aiuta a superare questo problema, poiché è ampiamente riconosciuto che la massima priorità di una startup dovrebbe essere quella di massimizzare la velocità di apprendimento.
Il precedente articolo ha fornito un framework per Venture Capital e founder per misurare la maturità di un prodotto attraverso le principali tappe del viaggio dell’azienda verso il product-market fit (PMF).
Questo contenuto delineerà tre ulteriori elementi da misurare per valutare la maturità di un prodotto, i quali, uniti al framework di cui l’articolo sopra, completano il quadro e aiutano a valutare la probabilità che l’azienda raggiunga il PMF e cresca con successo.
misurare la maturità di un prodotto

I 3 elementi da misurare per valutare la maturità di un prodotto

  1. persone e attitudine all’apprendimento;
  2. processi di apprendimento;
  3. primi ricavi.

Persone e attitudine all’apprendimento

La maggior parte degli investitori nelle prime fasi affermerà giustamente che il principale fattore che influenza la decisione di investire in una società è il suo team. Ma che significa esattamente? Come si può misurare questo elemento?
La misura oggettiva di un team, dal punto di vista del prodotto, è la sua attitudine all’apprendimento, che comprende due componenti principali: competenze nel settore di riferimento e capacità di apprendimento. Analizzando queste aree, gli investitori possono valutare la maturità del team e la sua probabilità di raggiungere il PMF.
Ciò consente loro di raggiungere una decisione ragionata/informata sull’investimento e di identificare eventuali campanelli d’allarme.

Competenza nel settore

Il team deve diventare esperto nel settore in cui opera. Deve comprendere i problemi del settore a cui si rivolge: quali sono le soluzioni esistenti? Quali sono i loro punti di forza, debolezza e le lacune?
Il team dovrebbe anche comprendere il “tipo di mercato” in cui si trova (nuovo/esistente/risegmentato/di nicchia), al fine di sviluppare la giusta strategia.
Per consentire al team (e ai potenziali investitori) di comprendere la propria posizione rispetto a questi temi ci si può servire di un semplice calcolo: riepilogare il numero totale di anni di esperienza nel settore di tutti i componenti del team e dei consulenti. I membri del team dovrebbero essere ponderati al 100%, i consulenti dovrebbero essere ponderati in base al loro specifico investimento in termini di tempo (di solito tra il 5% e il 40%). Un risultato superiore a 20 è eccellente. Se, invece, il risultato è compreso tra 5-20 significa che ci potrebbero essere lenti progressi nelle tappe verso il PMF; acquisire maggiori competenze potrebbe essere la soluzione.
Qualunque punteggio inferiore a 5 dovrebbe essere immediatamente affrontato con:

Facciamo un esempio reale.
Una società i cui founder sono entrati in un settore in cui non avevano né connessioni professionali né esperienza. Tuttavia, hanno deciso di entrarvi perché hanno riscontrato l’esistenza di molti problemi irrisolti e di gravi perdite economiche causate da tali problemi.
Hanno trascorso un intero anno solo imparando, costruendo relazioni, facendo le proprie valutazioni e confrontandosi con i consulenti. Hanno letto tutte le notizie di settore e hanno partecipato a eventi professionali. Hanno imparato a conoscere i fallimenti passati in quell’ambito così come ad individuare i principali opinion leader. Proprio analizzando quei fallimenti passati, hanno buttato giù un piano per una soluzione (composta da un prodotto e da alcuni servizi correlati ad esso) che hanno iniziato a pitchare.
Alla fine di quell’anno, avevano già una fila di potenziali clienti così colpiti dal loro livello di comprensione dei propri problemi e dalle soluzioni proposte, che aspettavano solo che il prodotto fosse disponibile per poterlo acquistare. Tutto questo prima di scrivere anche solo una riga di codice.

Copertura delle capacità di apprendimento

Oggi, per la maggior parte dei nuovi prodotti il rischio tecnologico è minimo rispetto al rischio di non offrire un prodotto di cui il mercato abbia realmente bisogno.
Pertanto, le competenze più importanti per le aziende nella fase iniziale sono quelle che accelerano il percorso di apprendimento al fine di risparmiare denaro fino a quando la spesa non sia effettivamente necessaria. Ciò non significa che ciascuno dei seguenti ruoli debba essere assunto il primo giorno, ma il team dovrebbe assicurarsi di coprire sufficientemente le seguenti competenze attraverso l’assunzione di nuove risorse o la collaborazione con consulenti esterni.

Una persona skillata sulla gestione del prodotto produrrà cicli di apprendimento “disciplinati”: elencherà e testerà le ipotesi invece di incoraggiare una cassa di risonanza di validazione delle proprie assunzioni; si concentrerà sulla scoperta di risposte ad incognite note, nonché sulla scoperta di nuove incognite; capirà l’importanza di acquisire i giusti early adopter che forniranno un feedback significativo prima di creare tecnologie complesse; mirerà a realizzare prototipi a bassa fedeltà per questi test al fine di ridurre gli sprechi e apprendere rapidamente.

Con la proliferazione di app per dispositivi mobili, le persone sono ormai abituate a standard elevati di UX. Proprio la user experience è diventata la principale causa di fallimento per il 17% delle startup. Una buona UX non inizia con la creazione di modelli, come molte persone credono, ma inizia molto prima con la fase di ricerca.
I professionisti esperti di UX realizzeranno uno studio sistematico degli utenti target e delle loro esigenze: definire le personas, comprenderne pain e gain, al fine di sviluppare una value proposition che risolva i problemi dell’utente e non ambisca solo al “sembra carino“.

In queste prime fasi, il team dovrà essere in grado di comunicare una value proposition convincente e iterare rapidamente su di essa. Schede tecniche e white paper possono essere utilizzati per testare problemi o ipotesi di mercato in anticipo, senza la necessità di sviluppare alcun codice.
Se una gran parte del team ha le seguenti competenze, potrebbe esserci qualcosa di cui preoccuparsi:

La società citata in precedenza è stata un ottimo esempio di assunzione dei talenti giusti nelle fasi giuste. Mentre erano ancora nella fase di apprendimento riguardo il mercato ed i problemi che volevano affrontare, hanno sperimentato discussioni sulla leadership di pensiero nell’ambito di conferenze e hanno scritto documenti di marketing per testare il proprio livello di comprensione dei problemi che volevano affrontare.
Alla fine del primo anno, non avevano ancora assunto alcun ingegnere, eppure avevano già una lista d’attesa di clienti desiderosi di pagare per la soluzione di cui stavano parlando. Quello era il momento giusto per iniziare a lavorare sulla soluzione effettiva.
Paragoniamo questa situazione a quella di un’altra società con cui ho lavorato. La società era composta da 15 ingegneri e 2 venditori che hanno bruciato milioni di dollari di investimento sviluppando una tecnologia molto matura che semplicemente non erano in grado di vendere.
Sono stati guidati fino al momento della progettazione per cercare di capire realmente quale mercato volessero affrontare e quale problema potessero risolvere con la loro tecnologia; hanno finito per accantonare molta di quella tecnologia che avevano sviluppato e solo adesso stanno facendo veri progressi verso il product-market fit.

Processi di apprendimento

I processi dovrebbero essere implementati per aiutare il team, non per il puro gusto di avere processi definiti. Inoltre i processi cambiano nel tempo e dovrebbero essere progettati in base alle esigenze e alle sfide che l’azienda deve affrontare in un determinato momento, pertanto non esiste una modalità di implementazione univoca.
Un processo di apprendimento ben strutturato accelererà il percorso verso il PMF, oltre a ridurre sprechi di denaro e risorse. Questo processo dovrebbe essere guidato dai risultati, misurabile e veloce.
Formulare domande sui seguenti indicatori aiuterà a valutare il processo di apprendimento e la sua efficienza:

Le aziende che si comportano come fabbriche di nuove feature creano un elenco di funzionalità e date (che in realtà è un piano di rilascio, spesso erroneamente utilizzato come roadmap), e questo dà più rilevanza alle spedizioni e alle consegne piuttosto che ai risultati, creando molti sprechi.

Ponendo domande relative alle feature che sono già state lanciate, gli investitori e i membri del team possono valutare in che misura i processi del team sono guidati dai dati e se si è instaurato un meccanismo di apprendimento dagli errori del passato.

La frequenza con cui il team tiene riunioni con i clienti (dovrebbero essere fatte almeno 5 riunioni a settimana) e il tempo impiegato per creare il nuovo prototipo o prodotto testabile in base agli apprendimenti incorporati (auspicabilmente, 1-2 settimane al massimo) sono buoni indicatori di velocità.
È stato applicato ad una startup. La value proposition si rivolgeva ad utenti che avevano bisogno di eseguire ricerche sui dati raccolti dal prodotto. L’interfaccia di ricerca era molto complicata e richiedeva l’apprendimento di un linguaggio di scripting che, naturalmente, ha portato i clienti a non utilizzare il prodotto. Il team sapeva che i clienti non stavano usando il prodotto, ma non si stava preoccupando di apportare alcun miglioramento in tal senso; si stava concentrando, invece, sul lancio di un elenco predefinito di feature, senza misurare l’impatto di nessuna di esse.
Era chiaro che quei clienti avrebbero abbandonato il prodotto e che non aveva alcun senso investire in funzionalità aggiuntive se i clienti non avevano modo di testare la proposta di valore fondamentale del prodotto.
La proposta fu di cancellare la roadmap originale e di concentrarsi su ciò che era effettivamente necessario per convalidare l’ipotesi della soluzione: risolvere il problema reale per cui i clienti avevano acquistato il prodotto.
Abbiamo disegnato la roadmap e delineato le aspettative del team nel modo seguente: “X% dei clienti esegue Y+ numero di ricerche al giorno“. Questo ha trasformato la roadmap in un framework a supporto del processo decisionale, che ha consentito al team di continuare a iterare e prendere decisioni (in questo caso su come aumentare il numero delle ricerche) al fine di raggiungere l’obiettivo dell’azienda.
Il team ha deciso di aggiungere dei campi predefiniti alla ricerca dei parametri più comunemente necessari, semplificando significativamente la ricerca. Dopo ogni modifica, è stato misurato l’impatto sull’usabilità e questa misurazione ha aiutato a stabilire i passaggi successivi, fino a quando non si è convalidata l’ipotesi della soluzione.

Primi ricavi

I ricavi sono uno dei più importanti indicatori finanziari di successo e non devono essere ignorati. Tuttavia, nelle startup in fase iniziale, spesso le entrate possono essere fuorvianti. Per le aziende che hanno delle entrate, è importante assicurarsi che i clienti paganti abbiano un caso d’uso corrispondente alla value proposition.
L’esempio più semplice (e negativo) di questo fenomeno è il documento dello “Statement Of Work“, in cui essenzialmente i ricavi provengono da servizi professionali: la società crea un “prodotto” per ogni potenziale cliente, un fenomeno che è molto comune con i grandi clienti.
Una startup in fase iniziale con cui ho lavorato, aveva circa 700.000 dollari di ARR (Accounting Rate of Return) da 6 clienti diversi. Sulla carta, questo dato sembrava abbastanza positivo; tuttavia, non ci è voluto molto tempo per capire che ogni cliente stava usando il prodotto per uno scopo diverso, e che quindi stava spingendo il team in direzioni diverse, impedendogli di formulare una vera strategia.
Non solo, ma il ciclo di vendita è stato molto opportunistico: questi primi clienti avevano tutti legami con gli investitori o con il capo delle vendite, ma non c’era nulla di ripetibile nel ciclo di vendita, quindi per tutti i 6 mesi successivi non è stato chiuso alcun contratto.
Alla fine, il cliente più grande era quello che rappresentava la direzione che il team aveva capito essere la migliore da seguire. Sono stati in grado di convertire altri 2 clienti con lo stesso caso d’uso e visione, e quindi hanno dovuto inevitabilmente separarsi dagli altri.

Lezioni imparate

Credit: Liron Pergament-Gal

Link: medium.com