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C’è bisogno di una Cybersecurity italiana

Redazione Spremute Digitali Pubblicato: 28 Maggio 2021

Cybersecurity italiana

Ad affermarlo è il rapporto di Clusit 2021: PMI e grandi aziende italiane stanno vivendo una cyberpandemia, si parla di un aumento del 78% degli attacchi informatici in quattro anni, ma nel 2020 c’è stata l’impennata. Ad oggi c’è un attacco grave ogni 5 ore.

Questo è l’effetto collaterale della pandemia fisica, anche per colpa di quella che potrebbe essere una forzata autoreclusione, e con la diffusione del lavoro smart, che in realtà è stato salvifico e necessario, miliardi di dati personali e aziendali hanno cominciato ad essere immagazzinati sul computer di casa o personali.

Questo shift ha reso i confini da difendere dagli attacchi, drasticamente più vasti e molto più vulnerabili le difese che prima salvavano i dati aziendali e personali dal lucro criminale.

Questo ha portato a un progressivo crescere dell’interesse verso la CyberProtection. Il problema è che in Italia, la formazione di offerta di questo servizio è ancora lungi dall’essere tecnologicamente indipendente.

La startup romana Gyala è l’unica che produce software completamente made in Italy in un settore dominato dagli Stati Uniti.

E cosa comporta?

Realizzare soluzioni nazionali che ci consentano di uscire dal gioco tecnologico straniero.

Sarebbe un passo importante per rendere la filiera italiana indipendente.

Però, c’è anche da dire, che rispetto alla media europea, il nostro paese è già in linea con il livello di sicurezza necessario a mantenersi in un mondo pieno di pericoli informatici.

Post pandemia sarà necessario un aggiornamento metodologico e strutturale per proteggere persone e imprese.

Quanto ci vorrà per sviluppare l’indipendenza?