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Coronavirus: ha ancora senso parlare di coworking? O meglio coworking innovativo?

Marta Pisani Pubblicato: 15 Marzo 2020

coworking innovativo

L’attuale situazione italiana, in preda alla gestione dell’emergenza sanitaria da COVID-19, apre diversi scenari e quesiti per chi gestisce uno spazio di coworking. La gente è chiamata ad allontanarsi dai luoghi di lavoro per evitare il contagio, o ancor di più, dove possibile, avvalersi del lavoro agile, meglio conosciuto come smart working.
Oltre ad esserci confusione sul significato di smart working – e qui suggerisco un approfondimento – i lavoratori potrebbero trovarsi nella situazione di necessitare uno spazio al di fuori delle mura di casa.
Quindi la domanda che tutti i community manager si stanno ponendo è: posso o non posso portare avanti le attività del mio spazio di coworking?
La risposta come puoi immaginare non è univoca e assoluta, sebbene mi preme ricordare che il DPCM dell’11 marzo 2020 sottolinea la necessità di ridurre al minimo qualsiasi interazione sociale e il divieto di spostamento, se non per comprovate ragioni di lavoro, di salute o di necessità improrogabili.
Il principale problema da arginare è ovviamente la vicinanza fisica che si viene a creare quando lo spazio è frequentato, sia per eventi, coworking o altro.
Allora com’è che possiamo continuare ad erogare i nostri servizi pur garantendo la distanza di sicurezza e il non assembramento di persone?

Coworking 2.0: il coworking innovativo

La prima preoccupazione va senz’altro ai nostri coworkers, coloro che abitualmente utilizzano lo spazio come punto d’incontro con altri professionisti, per scambiare idee e spunti o più semplicemente per sfuggire alla noia e alla solitudine del proprio appartamento e scambiare quattro chiacchiere durante le pause caffè.
Il coworking infatti è un luogo di ritrovo più che un vero e proprio ufficio, un luogo dove non necessariamente si va per lavorare, ma più per conoscere, crescere, sperimentare. Possiamo fare tutte queste cose anche se ci è vietato di stare in luoghi chiusi con tante persone?
La risposta è sì.
Il concetto di coworking come semplice affitta-postazioni è infatti ormai superato. Morto. Lo spazio diventa un luogo di incontro e di scambio ed è per questo che lo si può rendere accessibile dovunque, sempre e a chiunque.
Ecco perché prendono sempre più piede le piattaforme digitali che raccolgono community di innovatori che ruotano intorno a un unico tema: innovare in maniera collaborativa e partecipativa. Anche a distanza.
Queste piattaforme creano uno spazio di collaborazione virtuale che facilita l’aggregazione e lo sviluppo di progetti innovativi tra aziende, startup, community di innovatori, freelancers e tech company. Uno spazio che agevola la creazione di ecosistemi di innovazione, dove domanda e offerta si incontrano.
Per dirla in altre parole, ottimizzano i processi di individuazione e comprensione dei needs di ogni coworker e facilitano lo scambio efficace. In questo modo ognuno può, da qualsiasi luogo, entrare in contatto con gli altri coworkers – ma anche manager, startup, freelancers, ecc. – scambiare idee, spunti, riflessioni e dar luogo allo sviluppo di nuovi progetti innovativi.
Lo spazio fisico del coworking si fonde con quello digitale, dando vita ad un coworking 2.0, accessibile in qualsiasi situazione.
Se quindi il coworking 1.0 è uno spazio – principalmente fisico – condiviso da persone che hanno la necessità di sfuggire alla noia del lavorare in casa da soli, risparmiare sull’affitto di un ufficio o condividere attrezzature altrimenti costose, il coworking 2.0, arricchito delle logiche digitali, diventa uno spazio – anche virtuale – che offre servizi per coltivare nuove idee e aiutare a sviluppare una prospettiva curiosa e innovativa sul mondo. Diventa più un innovation hub.
Un esempio lampante è Phluid il nuovo innovation hub di Seedble, che nasce già con un DNA digitale che integra lo spazio fisico del coworking alla piattaforma digitale e che si focalizza principalmente sull’innovazione. Phluid infatti è pensato per facilitare la contaminazione tra professionisti e aziende con l’obiettivo di generare e stimolare l’innovazione attraverso un processo collaborativo. Che avviene anche, e a volte in primis, all’interno della piattaforma digitale.

Gli eventi nel coworking 2.0: i digital meeting

Cosa succede invece agli eventi quando questi non possono tenersi dal vivo?
Sicuramente un primo approccio è quello di trasformare tutti gli eventi possibili in virtual events. Mentre gli eventi in-person hanno sicuramente il vantaggio di favorire il networking e l’interazione, gli eventi digitali hanno la capacità di ospitare molte più persone rispetto a quelle che uno spazio fisico può contenere.
Se sei quindi costretto a rimandare i tuoi eventi a causa dell’attuale emergenza sanitaria, puoi sfruttare comunque a tuo vantaggio quelle giornate per organizzare dei digital meeting che possono fare da cassa di risonanza per gli eventi o le attività future.
Ovviamente per fare questo switch serve consapevolezza e preparazione.
Innanzitutto la comunicazione. Comunicare ai partecipanti l’intenzione di convertire l’evento in un digital meeting è fondamentale. Se l’evento prevedeva un ingresso a pagamento, puoi decidere di rimborsare l’intera quota (un digital meeting ha costi praticamente pari allo zero!), oppure offrire un credito da utilizzare per futuri eventi dal vivo.
Individuare e fornirsi della giusta piattaforma è sicuramente il passo successivo. Chiaro è che le piattaforme non forniranno lo stesso tipo di interazione che si può avere nella vita reale, ma possono comunque offrire opportunità di apprendimento, condivisione di idee e punti di vista e networking. Specialmente se si sceglie la piattaforma corretta. Per esempio:

Una volta scelta la piattaforma, ritorniamo al punto sulla comunicazione. Fondamentale è infatti stabilire le regole del gioco” e comunicare ai partecipanti con quali modalità si svolgerà l’evento: quando e come intervenire, come utilizzare una eventuale chat, tempistiche e pause, cosa succederà dopo l’evento.
Ricordiamoci però che non esiste il one-size-fits-all, quindi è bene fare prima un’analisi sulla nostra audience e sulle nostre esigenze specifiche. Prendiamo ispirazione dalle best practice, ma non copiamo.
E tu, come stai riorganizzando le tue attività di coworking? Fammelo sapere nei commenti!


Una serie di Digital Meeting a cui ti suggerisco di partecipare sono quelli ideati da Seedble per rispondere alle tue domande e dubbi sullo smart working.

Scopri di più a questo link 👉 http://bit.ly/digital-meeting-smart-working