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Bitcoin e impatto ambientale. Quanto inquina la celebre criptovaluta?

Redazione Spremute Digitali Pubblicato: 14 Maggio 2021

Quanto inquinano i Bitcoin

Lo stop di Elon Musk ai pagamenti in Bitcoin per le sue Tesla, ha portato di nuovo all’attenzione di tutti il dibattito sul consumo energetico per l’estrazione della criptovaluta.

La domanda che a questo punto sorge spontanea a tutti è: che impatto ambientale ha la produzione di Bitcoin?

A questo punto, con le quotazioni in salita e tutto il proliferare di nuova valuta virtuale, la domanda è più che legittima; soprattutto in prospettiva di un utilizzo sempre maggiore da parte dei consumatori.

Bitcoin, ci sono alternative per ridurre l’impatto ambientale?

Per rispondere a questo quesito sono intervenuti i dati del Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index. Uno studio ha stimato che le attività di mining in tutto il mondo utilizzano circa 120 terawattora all’anno con picchi fino a 148. In proporzione si può pensare al consumo energetico domestico della Svezia e dei suoi oltre 10 milioni di abitanti.

Per i pagamenti, sembra che ogni singola transazione abbia bisogno della stessa energia che ogni singolo americano consuma in un mese per tutte le utenze domestiche; con una produzione di CO2 superiore di un milione di volte di quelle, ad esempio, con le carte Visa. Ad onor del vero, questi dati non devono stupire troppo perché già tempo fa Bill Gates aveva indicato le transazioni in Bitcoin come ESTREMAMENTE inquinanti.

Secondo il Centre for Alternative Finance, la criptovaluta e tutte le attività ad essa connesse rappresentano circa lo 0,59% del consumo di energia globale. Per questo, i miners hanno costruito delle strutture apposite in paesi dove i costi sono inferiori e dove c’è meno attenzione verso l’ambiente, come la Cina, la Russia e l’Iran.

Se addirittura Elon Musk ha deciso di distaccarsi dai pagamenti in Bitcoin, vuol dire che la situazione deve essere estremamente seria. Chiaramente non è possibile continuare a ripiegare su queste transazioni se il costo in termini di inquinamento è così elevato. Vero anche che gli esperti del settore stanno studiando delle alternative ma, per il momento, sono ancora a uno stadio embrionale e non possono soddisfare il bisogno globale.

In un periodo storico dove si sente sempre più parlare di criptovalute e affini sembra assurdo che non ci siano alternative meno invasive. Vedremo se si troveranno soluzioni meno inquinanti o se si dovrà fare un passo indietro e cercare qualcosa di più sostenibile, magari il buon vecchio baratto.